Bentornati indietro di vent'anni, ai meravigliosi tempi di Sunnydale e dell'allegra combriccola di liceali ammazzavampiri di Whedon & co. E' questa la prima impressione dopo aver visto le prime due puntate di Sleepy Hollow, la nuova serie targata Fox (non a caso), che cerca di riambientare in chiave moderna il classico folk tale americano di Washington Irving, portato con discreto successo al cinema una quindicina di anni fa da Tim Burton.
L'inizio colpisce subito il bersaglio - almeno con me - con una scena di battaglia della guerra d'indipendenza americana e l'entrata in scena del cavaliere da lì a poco senza testa dotato di ascia bipenne che caratterizza il racconto popolare, presto seguita da titoli di testa con Sympathy for the Devil dei Rolling Stones (non nella cover dei Guns'n'Roses, presente nei titoli di coda di Intervista con il Vampiro). Una volta inseriti nei giusti binari, il telefilm racconta le vicende di Ichabod Crane, professore di Oxford arruolato nell'esercito di sua maestà britannica per combattere contro le colonie ribelli, ma presto passato all'esercito di Washington dove ha ricevuto l'incarico di combattere il male, impersonificato dai quattro cavalieri dell'apocalisse (il decapitato armato di ascia è la Morte), compito che riuscirà a espletare (attraverso un incantesimo della moglie Katrina, una strega dedita alla magia bianca) anche nel 2013, quando si risveglierà a Sleepy Hollow, pronto ad affiancare una giovane tenente della polizia locale e - immagino - una schiera di altri personaggi nella lotta contro la Fine prossima ventura.
Ben realizzato e ben diretto, il telefilm mi ha preso in particolare per la figura di Crane- ottimamente resa dal poco conosciuto Tom Mison, attore di teatro britannico - e il suo eloquio settecentesco (miseramente restituito dai sottotitoli che ho scaricato, ma spero degnamente riconosciuto nel doppiaggio italiano ormai imminente), e aldilà di alcune imprecisioni e passaggi piattamente televisivi, mi sembra che ci siano tutte le premesse per poter vedere un buon telefilm di azione soprannaturale, come era il buon Buffy delle origini.
Curiosa e molto azzeccata la presenza di Clancy Brown, il Kurgan di Highlander (e parlando qui di teste mozzate, chi meglio di lui?), in un ruolo che probabilmente potrà essere significativo pur necessariamente di contorno vista... NIENTE SPOILER... guardatelo.
Vediamo se reggerà al trascorrrere degli episodi (peraltro pochi, trattandosi di una stagione di 13 puntate - con già il rinnovo per la seconda però), visto che secondo me l'idea è interessante, ma andrebbe consumata e gustata in un numero limitato di stagioni (non mi sembra abbia lo scheletro sufficiente a reggere il peso di parecchie annate - proprio come, secondo me, ma credo di essere in minoranza, Buffy.
Insomma, se siete in cerca di un nuovo telefilm per questo inizio di stagione, potete pescare molto ma molto di peggio.
venerdì 25 ottobre 2013
mercoledì 16 ottobre 2013
Alghe - un inedito di Stanley Weinbaum
Ci siamo: è finalmente disponibile - in formato ebook e in volume cartaceo - l'antologia di racconti Volo su Titano di Stanley G.Weinbaum (tutte le informazioni sul sito dell'editore www.fratinieditore.it), che sarà presentata in anteprima oggi pomeriggio (17 ottobre) alle ore 18 presso Stratagemma, a Firenze.
Come promessovi, dopo avervi omaggiato la scorsa settimana di un racconto poco conosciuto di Weinbaum (Luna di Marea), ecco oggi una vera chicca: un inedito - a firma Weinbaum e Ralph Milne Farley - apparso nel 1936 sulla celeberrima Astounding.
Rispetto ai nostri altri ripescaggi contenuti nel citato volume, questo Alghe (il titolo originale Smothered Seas non suonava molto bene in italiano) è indubbiamente un prodotto minore, zeppo di stereotipi (la figura femminile è una macchietta a tratti indecorosa), dal passo molto più lento e pesante del consueto, e soffre sicuramente del non essere tutta opera di Weinbaum, ma di un rimaneggiamento, non è possibile dire quanto esteso, di Farley (autore di ben più modesta qualità). Nonostante questo, il lungo racconto è interessante come "what if", come idea di storia alternativa - quella di un conflitto fra Stati Uniti e Asia - estremamente presente in quegli anni e di lì a poco effettivamente verificatasi con il conflitto mondiale con il Giappone. Vi lascio quindi al racconto, buona lettura
Come promessovi, dopo avervi omaggiato la scorsa settimana di un racconto poco conosciuto di Weinbaum (Luna di Marea), ecco oggi una vera chicca: un inedito - a firma Weinbaum e Ralph Milne Farley - apparso nel 1936 sulla celeberrima Astounding.
Rispetto ai nostri altri ripescaggi contenuti nel citato volume, questo Alghe (il titolo originale Smothered Seas non suonava molto bene in italiano) è indubbiamente un prodotto minore, zeppo di stereotipi (la figura femminile è una macchietta a tratti indecorosa), dal passo molto più lento e pesante del consueto, e soffre sicuramente del non essere tutta opera di Weinbaum, ma di un rimaneggiamento, non è possibile dire quanto esteso, di Farley (autore di ben più modesta qualità). Nonostante questo, il lungo racconto è interessante come "what if", come idea di storia alternativa - quella di un conflitto fra Stati Uniti e Asia - estremamente presente in quegli anni e di lì a poco effettivamente verificatasi con il conflitto mondiale con il Giappone. Vi lascio quindi al racconto, buona lettura
Alghe
Era il 2000 e l'America combatteva per la propria vita
contro l'Unione Asiatica. Nonostante questo, il popolo americano, perfino gli
ufficiali dell'esercito, trovava modo di divertirsi. Era una necessità, per
allontanare la mente da quella lotta titanica.
Il tenente Richard Lister, con indosso i calzoncini da
bagno, sedeva sul telo da spiaggia e fissava ombroso l'oceano Pacifico verso
Seal Rocks e oltre; con la mani stringeva le ginocchia abbronzate, il viso
altrettanto brunito pieno di tensione.
"Non parliamo della guerra! Parliamo un po' di
noi!" propose a Sally Amber, che gli sedeva accanto.
La ragazza spostò su di lui i suoi strani occhi scuri e
inquisitori.
"Non dovresti sentirti così, Dick" disse seria.
"Specialmente visto che appartieni a un ramo particolarmente importante
del servizio. Non sto scherzando, sono molto seria. Dove sarebbe oggi il Paese
senza il vostro Dipartimento di Biologia e Batteriologia Militare? Saremmo
stati tutti quanti spazzati via dai germi asiatici!"
"Come no, e se non fosse stato per i loro scienziati,
sarebbero loro a essere stati spazzati via dai nostri! Siamo a un punto morto,
uno stallo, te lo dico io, non diversamente da tutta questa guerra. Guarda
l'Alaska: da più di un anno ormai il Khan occupa quel piccolo angolo da Rocky
Point a Capo Espenberg e non siamo stati in grado di far spostare la linea del
fronte di un solo centimetro, proprio come lui non è stato in grado di fare
altrettanto dalla nostra parte del confine. Entrambi gli eserciti sono protetti
da quegli impenetrabili campi elettrici di Beckerley.
"L'Alaska è la chiave di tutto, vista la presenza dello
stesso Khan. Se potessimo penetrare il suo campo Beckerley ed eliminarlo,
l'intera Unione Asiatica si sgretolerebbe. Solo una personalità del suo stampo
è in grado di tenere assieme gruppi naturalmente ostili fra loro come i
Siberiani, i Giapponesi, i Cinesi, i Tartari e così via. Senza di lui, si
sbranerebbero a vicenda nel giro di poche ore!"
"Beh, e come mai nessuno lo fa?" chiese Sally con
una qualche malizia.
"Dio solo sa quanto ci abbiamo provato!" esclamò
Lister. "Più di dieci volte dei coraggiosi americani sono penetrati oltre
le linee nemiche e hanno provato ad assassinarlo, solo per finire catturati e
sottoposti a torture spaventose, preludio di una morte orribile".
La giovane rabbrividì e si coprì le spalle con il telo da
spiaggia.
"Non credo di potermi definire una 'coraggiosa
americana'".
"Scommetto che lo sei".
"Come mai le truppe americane non sono sbarcate in
Asia?"
Lister la fissò perplesso.
"Lo sai bene quanto me. Per quanto l'America abbia il
controllo del mare dopo aver annientato la flotta del Khan sei mesi fa al largo
delle Marianne, l'Unione ha dieci milioni di uomini armati in Asia. Che senso
avrebbe fare sbarcare anche cinque milioni dei nostri contro una tale
preponderanza numerica? No, dobbiamo eliminare in qualche modo quel pazzo di un
Khan in Alaska!”
"Non è matto!" replicò inaspettatamente la
ragazza.
"E come fai a saperlo?"
"Io...io... l'ho visto".
"Non sapevo fossi stata in Alaska".
"Ci sono un sacco di cose che non sai di me"
ribatté Sally. "Mio padre è morto, sono piuttosto ricca e ho viaggiato
molto. Tre anni fa ero nella capitale orientale, Harbin. E sono stata anche a
Mosca, la capitale occidentale, a dire il vero".
"Quindi hai visto quel pazzo di un Khan" la
schernì. "Hai mai visto la donna che chiamano la principessa Stephanie?
Che aspetto ha? Si dice che sia alquanto bella".
Sally alzò le spalle. "Oh, è carina, se ti piace il
tipo" replicò con leggerezza. "E' scura e con sangue kazaro nelle
vene; ha grosso modo la mia stessa età e... comunque sia, perché questo
interrogatorio? Continua pure la tua riflessione".
"Su di noi?" chiese speranzoso.
"No" Allungò una mano delicata e sfiorò dolcemente
il ginocchio del compagno. "Sui campi Beckerley. Cosa sono? Come
funzionano?"
Richard aggrottò la fronte pensieroso, cercando di scegliere
vocaboli comprensibili per la ragazza.
"Si tratta di un'applicazione dell'esperimento di
Morelle sulle correnti elettriche parassite. Io sono un botanico, non un
ingegnere, ma so che l'intera idea verte sulla rifrazione delle linee di forza
magnetica.
"Funziona così: sopra il fronte di ciascun esercito sul
fronte dell'Alaska gli scienziati hanno creato una cupola di tensione
elettrica, un campo magnetico. Qualsiasi bomba o proiettile attraversi quel
campo raggiunge il calor bianco pre via delle correnti elettriche parassite
indotte dal campo, ed esplode subito a mezz'aria.
"Allo stesso modo, ogni città è protetta da questo
campo Beckerley. Sai bene come qualsiasi auto-cottero, una volta uscito dai
confini cittadini di San Francisco, debba fermarsi ed essere sospinto fin oltre
il campo magnetico da una metropolitana schermata. Si effettua questa
operazione per evitare che la benzina del serbatoio si riscaldi fino al punto
di esplodere".
"I proiettili solidi invece?" chiese Sally.
"Quelli possono attraversare il campo, ovviamente, ma
quale possibilità ha un tale proiettile di infliggere danno? Basterebbero i
nostri elicotteri ad abbattere qualsiasi flotta aerea nemica ben prima che
questa possa arrivare a sganciare abbastanza proiettili solidi da arrecare un
danno apprezzabile a una qualsiasi città. E il massimo che una parte o l'altra
potrebbe causare in Alaska è scheggiare qualche parete montuosa nello Yukon.
"No, siamo in situazione di stallo: abbiamo precluso al
Khan l'accesso diretto al mare, ma il suo enorme esercito di terra ci impedisce
un'invasione dell'Asia, e nessuna delle due fazioni può avanzare di un metro in
Alaska per via dei campi magnetici. Non può nemmeno trasformarsi in una guerra
d'attrito, perché sia gli Stati Uniti che l'Unione Asiatica sono del tutto
autosufficienti e non c'è modo di prenderle per fame".
"Ne sei convinto?" chiese Sally Amber con una
strana voce. All'improvviso scrollò le spalle, lisce e abbronzate, come se
volesse cambiare argomento. "L'ammiraglio Allen sarà qui sabato?"
domandò casualmente.
"Come? No, non credo..." Lister si trattenne.
Allen gli aveva parlato, in modo strettamente confidenziale, di un possibile
attacco per tagliare la linea di rifornimento asiatica in Alaska, con un
assalto concentrato sullo stretto di Bering; la flotta del Pacifico, tenuta in
riserva fin dal successo alle Marianne, sarebbe salpata in gran segreto
all'alba di sabato.
"Perché fai una domanda del genere?" sbottò
infuriato. "Se anche lo sapessi, non potrei dirtelo, e lo sai
benissimo".
La ragazza scoppiò a ridere. "Sciocchino!" lo
canzonò, "Solo che mi era venuta l'idea di invitare te, lui e quel
detective volante, Jim Cass, per una cenetta a casa mia sabato. Sai, non ho
ancora incontrato Cass, e me ne hai parlato così tanto da farmi incuriosire.
Dopo tutto è tuo amico, Dick..."
Gli sorrise molto tenera.
Lister scosse la testa. "Il capitano Cass non è mio
amico" dichiarò. "E' solo un ufficiale dei servizi segreti militari
che passa di tanto in tanto dal mio laboratorio e ci ficca il naso in cerca di
indizi e problemi. Mi fa venire i brividi. Non ho mai conosciuto un uomo più
freddo di lui! Non esiterebbe un istante a mandare sua madre davanti al plotone
di esecuzione, se così facendo vincessimo la guerra".
"Beh, tu e io non faremmo lo stesso per il nostro
Paese? E poi, è proprio la sua freddezza a intrigarmi. Voglio
incontrarlo".
"Fa' pure. Hai tempo per un'altra nuotata?"
La ragazza atteggiò le labbra a una smorfia di disgusto.
"Oh no!" esclamò senza indugio. "L'acqua è così piena di
quell'orribile fanghiglia verde che non mi va proprio di nuotare. Torniamo in
città".
"E' vero, fa schifo," ammise il compagno. "ma
è soltanto un tipo particolare di alga. Ne sono state trovate tracce perfino
nell'acqua potabile. E' innocua, ma dovrebbero disinfettare la riserva d'acqua
cittadina". Si alzò e si stiracchiò. "Allora vestiamoci e
andiamo".
Non erano ancora le due del pomeriggio quando l'elicottero
convertibile di Sally atterrò davanti all'edificio presso il Presidio che
serviva da ufficio e laboratorio dell'unità locale del Dipartimento di Biologia
e Batteriologia Militare. Lister scese con riluttanza dall'apparecchio e si
girò subito verso la ragazza seduta alla cloche.
"Stasera?" le chiese speranzoso.
Lei scosse la testa: "No, mi dispiace. Sono a cena con
amici di famiglia".
"Allora domani?"
"Non dovrei. Io..."
"Ma lo farai" la interruppe deciso. "Soltanto
il cielo sa quanto potrò restare bloccato qui e non voglio sprecare un solo
istante".
"Come?" chiese Sally brusca. "Credi che ti
trasferiranno?"
L'uomo si morse la lingua. "No, ma..."
Arrivò benvenuta una distrazione. Si girò a salutare un
ufficiale in abito scuro, dall'aspetto piuttosto inquietante, che scendeva dai
gradini dell'edificio.
"Sally, ecco il capitano Cass. Pensavo proprio di
trovarlo qui oggi! Signore, lei è Sally Amber, la persona di cui mi ha sentito
parlare moltissimo".
Jim Cass prese la mano che la ragazza gli porse. "Non
mi meraviglio affatto che Dick abbia perso la testa" disse, fissandola con
apprezzamento con i suoi gelidi occhi azzurri. "Mi scuso per aver creduto
che fosse impazzito. Non pensavo che avesse tanto buon gusto..."
Lo sguardo del capitano si trasformò subitamente in un'espressione
interrogativa. "Ma... non ci siamo già incontrati?"
"Se così fosse stato" rispose la donna, prima di
iniziare la manovra di partenza, "non me ne sarei certo dimenticata".
Cass rimase lungamente a fissare l'elicottero ben dopo che
era diventato un punto indistinguibile nella fiumana del traffico aereo.
Non era più vicino alla soluzione quando incontrò Lister il
giorno seguente. Il biologo, in camice da laboratorio, era impegnato nella
routine di controllare i campioni d'acqua di una mezza dozzina di città
costiere, e non aveva praticamente tempo di stare a sentire il superiore.
"Oakland" bofonchiò, "conta batterica sette
per c.c., nella norma. Monterey, undici, nessun problema. Vera Cruz... diamine,
ha mai visto così tante alghe nell'acqua potabile? Guardi quel bricco sul
davanzale. E' meno di due ore che è esposto al sole e l'acqua al suo interno è
già diventata una purea di piselli. E c'è di più: i rapporti da Chicago
mostrano una situazione identica.La cosa strane è che sia lo stesso anche a Londra".
"Cos'è quella roba sugli alberi?" chiese
pensieroso il superiore, guardando distrattamente fuori dalla finestra.
"Non l'ho mai vista prima".
"Già, l'ho notata anch'io. E' solo un lichene, una
specie di muffa. E' una pianta crittogama, cioè rilascia spore. E' imparentata
con... Mio Dio! E' anche lei una conferva, proprio come l'alga!"
"Beh? E allora?"
"Niente, solo che la stessa cosa che ha stimolato la
proliferazione delle alghe in mare e nell'acqua potabile, ha fatto lo stesso
anche con i licheni e i funghi. Le crittogame sono il tipo di piante che è
apparso sulla Terra nel Carbonifero, l'età del carbone".
"Siamo quindi forse di nuovo nell'età del Carbone,
quindi?"
"Ne dubito" rise Lister. "Ci sono numerose
teorie riguardo allo sviluppo di quel periodo, scaturito forse a causa di
un'elevata concentrazione di diossido di carbonio nell'atmosfera, o di un clima
tropicale su scala planetaria, oppure di un'attività molto intensa delle
macchie solari, capaci di indurre frequenti e violente tempeste elettriche
sulla Terra e quindi una produzione anormale di ozono. Quest'ultimo è una forma
particolarmente densa di ossigeno ed è capace di filtrare i raggi della
morte..."
"Raggi della morte?" esclamò il capitano,
drizzando le orecchie. Aveva prestato scarsa attenzione al monologo di Lister,
ma quelle parole lo spinsero a concentrarsi: era qualcosa che il servizio
segreto militare doveva sapere. "Raggi della morte?"
Lister scoppiò di nuovo in una risata. "Non del tipo
che possa interessare all'esercito" rispose. "Ma esistono dei raggi
solari invisibili che hanno effetti fatali sulle creature viventi. L'ozono li
filtra e li rende innocui.
"E' una delle rimarchevoli capacità della natura quella
di mantenere un bilanciamento sufficiente di ozono negli strati più alti dell'atmosfera
per tenere lontana la quantità di luce invisibile che risulterebbe fatale per
la vita umana, e nel contempo lasciarne passare abbastanza per contenere la
proliferazione delle alghe entro dimensioni accettabili. Ora, se... diamine! Mi
chiedo..."
"Che cosa?"
"Oh, niente. Assolutamente nulla"
"Lister," disse Cass senza giri di parole,
"lei sembra capace di tenere la bocca sigillata riguardo a parecchie cose
e con determinate persone. Mi domando se riesce a fare altrettanto con lo
donne".
"Cosa intende dire?" chiese il tenente, con una
fosca premonizione.
"Beh, per esempio, non ha detto qualcosa alla signorina
Amber riguardo alla partenza della flotta, vero?"
Il biologo arrossì. Non l'aveva fatto, in realtà, ma la
donna avrebbe potuto intuire qualcosa dai suoi commenti. Ma anche se fosse
stato così, che problema c'era?
"Certo che no" farfugliò. "Parlando della
flotta" aggiunse, "sono proprio sul punto di andare dall'ammiraglio
Allen".
Arrivato nell'ufficio dell'ammiraglio, Lister giunse subito
al punto. "Signore, ho meditato a lungo sul problema delle alghe e con
questo ritmo di proliferazione, la vostra intera flotta potrebbe restare
bloccata in una massa gelatinosa prima di arrivare allo Stretto di
Bering".
"Ci avevo pensato anch'io" rispose serio Allen, ma
con una leggera strizzatina d'occhio che Lister non fu in grado di comprendere.
"Ma avete ascoltato gli ultimi rapporti, signore?"
insisté il tenente. "Il fiume Chicago è intasato e quella roba sta
cominciando a penetrare nei bacini acquiferi di tutte le maggiori città. So che
inizia a diventare un fastidio anche qui a San Francisco. In Texas, questa
muffa è arrivata a raggiungere dimensioni e peso sufficiente a schiantare i
rami degli alberi.
"In tutto il Paese, i binari ferroviari si stanno trasformando
in letti gelatinosi di un assortimento di funghi, vesce e licheni di centinaia
di specie diverse. Il loro successivo imputridirsi ha causato numerosi
deragliamenti. Nelle zone più umide, i treni sono costretti a scavarsi la
strada attraverso cospicui accumuli di licheni, che hanno trovato nelle fessure
ombrose e nel legno già vecchio un microclima ideale per sfruttare al meglio la
loro recente vitalità".
"In Asia le cose vanno anche peggio" fu la replica
dell'ammiraglio. "Dicono che nella tundra i licheni crescano come fienili
sulle rotaie, mentre le alghe hanno bloccato i fiumi, causando inondazioni.
Ecco il motivo per cui, anche a rischio di vedere tutta la nostra flotta
bloccata nel pantano, dobbiamo attaccare il Khan mentre questa inspiegabile crescita
vegetale mette in pericolo le sue linee di rifornimento".
"Non lo sapevo" commentò Lister.
"Beh, se lo imprima bene in mente e non lo spifferi ad
anima viva. E' una notizia riservata che è appena arrivata dai servizi. Ha una
qualche idea del motivo di tutto ciò? La stavo giusto mandando a chiamare,
quando è sbucato qui".
"Qualcosa potrebbe aver causato un incremento anomalo
dell'ozono negli strati superiori dell'atmosfera, e questo probabilmente
scherma le lunghezze d'onda della luce solare che generalmente servono a
controllare la crescita delle alghe".
L'ammiraglio Allen, però, era uno di quegli uomini pratici
che non avevano nessuna voglia di ascoltare una qualsivoglia spiegazione
scientifica, quindi suggerì:"Non potrebbe trattarsi di una qualche diavoleria
bellica degli asiatici?"
"Ne dubito fortemente, signore. Il Khan non userebbe
certamente un'arma, che sembra colpire più lui di noi".
II
Quella sera, mentre Dick Lister e Sally Amber sedevano al
ristorante, la donna tirò nuovamente in ballo l'argomento alghe.
"Sento dire che in Asia va peggio che qui in
America" esordì.
"E come fai a saperlo?" chiese l'ufficiale
sorpreso.
"Quindi è così, allora? Oh, non tutti tengono la bocca
sigillata come te, Dick" rispose schiva, poi sollevò i suoi amabili occhi
scuri, innocenti.
"Pensi che possa essere un'arma asiatica? O forse,
visto che in Siberia sembra stiano peggio che qui da noi, un ordigno
americano?"
Imbarazzato, mormorò: "E come faccio a saperlo?"
"Ma ne sai qualcosa, vero?"
Colto di sorpresa, balbettò: "Eh? Oh, certo, come no. I
campi Beckerley..." Ma smise subito, incupito e irritato.
"Sally" grugnì, "questa tua curiosità tutta
femminile un giorno o l'altro finirà per metterti nei guai. Siamo in guerra e
la curiosità delle donne non è una scusa per torchiare gli ufficiali. So che
sei onesta, ma altri potrebbero non fidarsi di te. Ti piacerebbe forse trovarti
davanti a una corte marziale con l'accusa di essere una spia asiatica, solo
perché fai un po' troppe domande?"
"Forse lo sono" rispose la ragazza, con un sorriso
e un'alzata delicata delle sopracciglia disegnate.
"Non sto scherzando, Sally. Ci sono persone finite
contro un muro per molto meno".
"Capisco" disse asciutta, "il capitano Cass
ti ha fatto una ramanzina".
"Come..." iniziò il tenente, ma subito si morse un
labbro.
"Come faccio a saperlo? Oh, riesco a leggere voi uomini
come un libro aperto. Ogni donna può farlo. Non piaccio al capitano Cass e a me
non piacciano gli uomini a cui non piaccio".
Finse un broncio indignato. Quant'era adorabile.
"Sono contento che tu non gli piaccia" dichiarò
Lister. "Anzi, sarei proprio felice se non piacessi a nessuno, tranne a
me".
Si ricordò di quella conversazione la sera successiva,
quando Cass entrò rumorosamente nel suo laboratorio, dove stava tirando tardi
per alcune analisi.
"Gran bel casino di alghe" osservò Cass,
strizzando gli occhi verso la vasca da esperimento di Lister. "Dicono che
quella roba stia bloccando ogni baia dell'Atlantico".
"Si poteva quasi attraversare a piedi il Golden Gate,
stamane" rispose Lister, per poi proseguire con altri particolari ricavati
dalle ultime notizie: orari dei treni completamente sfalsati nel nord-ovest,
navi bloccate in porto in ogni parte del Paese, perfino in mare aperto,
soprattutto nel Pacifico settentrionale.
Ma il capitano Cass non lo stava ascoltando. Era curvo sopra
la scrivania di Lister, a fissare con attenzione qualcosa coperto dal vetro:
una foto.
"Cos'è?" chiese brusco.
"Solo una foto di Sally. Non molto buona; la stampa è
venuta sgranata".
"Um!" esclamò l'altro. Strinse gli occhi, poi
aggiunse su tutt'altro argomento: "Ha una qualche teoria su questa
proliferazione anomala delle alghe?"
"Sì" ammise Lister, stringendo giudiziosamente le
labbra. "Ma non intendo rivelarla se non quando sarò più sicuro dell'ipotesi.
Dopo aver verificato alcuni elementi, farò rapporto a Washington, non ai
servizi segreti".
"Bene. Visto che non intende rivelare nulla ai servizi,
saranno loro a dirle qualcosa, per il suo stesso bene. Ascolti con attenzione e
non perda le staffe: tre anni fa, prima della guerra, facevo parte della
delegazione di Harbin, e fui in grado di apprendere molte cose sulla capitale
orientale del Khan. Forse non ha mai sentito parlare della cosiddetta
principessa Stephanie... oppure sì?"
"Sì. E allora?"
"Un attimo di pazienza. Stephanie era la figlia di
Dimitri Kazarov, il cancelliere del Khan. Suo padre Restò ucciso quindici anni
fa, durante la rivoluzione giapponese, e fu il Khan stesso a occuparsi della
ragazza, fin quando raggiunse l'età adulta. La notizia fu tenuta segreta, ma in
una città come Harbin la gente parla, e ne parlavano ancora durante il mio
soggiorno. Sembra che il Khan le abbia dato un'educazione particolare... molto,
molto particolare".
"Cosa intende?"
"Voglio dire che l'ha allenata per essere la più grande
spia della storia. Le sono state insegnate tutte le lingue principali, in modo
da poterle parlare come un madrelingua. Le è stato insegnato a destreggiarsi in
qualsiasi situazione e in qualsiasi ambiente sociale. Ha imparato la scienza
militare, in modo da essere in grado di riconoscere ogni informazione
importante. E, non appena è diventato chiaro a tutti che si sarebbe trasformata
in una donna dall'aspetto veramente affascinante, le sono stati insegnati anche
tutti i segreti delle relazioni umane! Ma sopra ogni altra cosa, e badi bene,
dico sopratutto, apprese come essere fredda, spietata e immune all'amore. Può
recitare il ruolo della donna innamorata, ma non prova alcun sentimento reale.
Nessun desiderio, se non quello di servire l'Asia".
"Ma, non capisco..."
"Capirà. All'età di sedici anni, ovvero tre anni fa,
mentre mi trovavo ad Harbin, il Khan le proibì di mostrarsi in pubblico, in
modo che gli stranieri non potessero riconoscerne il volto e sminuirne
l'efficacia spionistica. Quando usciva per cavalcare, non era consentito a
nessuno di stare entro un raggio di cinquecento metri da lei, e nessuno, salvo
gli intimi del palazzo, hanno mai visto realmente la sua faccia.
"Ma" e Cass esibì un sogghigno realmente
irritante, "si dà il caso che io abbia una vista straordinaria, degna di
un osservatore di elicottero, e l'ho sfruttata per osservarla dalla distanza
obbligata. Una volta ho perfino puntato un visore notturno su di lei. Era
veramente bellissima".
"Inizio a sospettare, signore" intervenne cupo
Lister, "che lei stia per dire qualcosa di cui potrebbe pentirsi".
"Forse. Comunque sia, dall'inizio della guerra, vi sono
state numerose voci riguardo una brillante spia asiatica, una donna, chiamata
Nightshade. Ritengo che questa Nightshade sia proprio la principessa Stephanie,
e per il resto posso dirle solo questo: Sally Amber assomiglia moltissimo a
Stephanie!"
"Lei è fuori di senno!" si infuriò Lister, alzando
la voce. "E' ridicolo! Sally non è asiatica. Le sembra forse orientale? Ha
la pelle bianca come il marmo... quando non è abbronzata, ovviamente. Parla un
americano perfetto. I suoi occhi..."
Si fermò: aveva improvvisamente visualizzato gli occhi di
Sally, scuri, puri, bellissimi, ma senza ombra di dubbio, dal taglio
decisamente orientale.
"Proprio così" dichiarò Cass, in risposta al
pensiero inespresso dell'ufficiale.
"Tenente, da quanto conosce quella ragazza? E' certo
che l'abbronzatura sia tale, e non il suo colorito naturale? Non ha forse l'età
giusta? E non trascorre forse gran parte del suo tempo a coltivare l'amicizia
di persone come lei, in possesso di importanti segreti militari? Che poi riesca
a carpirli, è un altro paio di maniche, ma dovrebbe essere in grado di
stabilire se cerca di farlo, se pone mai domande importanti, o cose del
genere".
"Certo che no!" sbottò Lister, che poi lasciò
andare un sospiro. Lui stesso aveva preso in giro la ragazza più di una volta,
per la sua eccessiva curiosità. "Senta capitano" disse, "se
Sally fosse una spia nemica... so che non può esserlo, ma se lo fosse, devo
essere io a scoprirlo, tanto la amo. La lasci stare, per favore, e lasci che lo
scopra da solo".
"Non sono così cinico e spietato come crede".
"Come fa..."
"Come fa a sapere cosa pensa di me? E' il mio mestiere,
in quanto agente dei servizi segreti, sapere cosa pensa la gente. Ma come
dicevo, mi fiderò di lei. Stasera parto in missione e starò via per due giorni.
Fino ad allora, il caso è in mano sua; ma se al mio ritorno non l'avrà risolto,
sarò io stesso a occuparmene".
I dubbi tormentosi che gli si affastellavano in testa non
ammettavano indugi. A dispetto del fatto che Sally doveva essere già uscita di
casa per andare a cena, il tenente si precipitò al suo appartamento dall'altra
parte della città. Evidentemente, invece, la ragazza doveva ancora trovarsi in
casa, o quantomeno in casa c'era qualcuno, visto che le luci della biblioteca
erano accese. Ignorò l'ascensore, troppo lento, e corse su per le quattro rampe
di scale fino al suo pianerottolo.
Arrivò davanti alla porta sudato e affannato e sì fermò un
istante, per provare a ricomporsi. Fu allora che udì delle voci provenire
dall'interno dell'abitazione. Provò ad ascoltare, ma non fu in grado di
distinguere le parole. Forse c'era un uomo, ma non poteva esserne certo.
Non appena suonò il campanello le voci si tacquero; poi,
dopo un considerevole intervallo, Lister udì il suono di passi in
avvicinamento. Fu Sally in persona ad aprire la porta, il volto apparentemente
stanco e teso, che subito si allargò in un sorriso quando lo riconobbe.
"Dick!" esclamò. "Che succede? Sei senza
fiato!"
Entrò senza chiedere permesso. La stanza era vuota, a parte
loro due. "Con chi parlavi?" chiese cupo.
"Ero al televisifono. Perché?"
"Mi era parso di aver udito una voce maschile qui
dentro".
"Dick!" esclamò in tono di rimprovero. "Non
credevo che la tua gelosia arrivasse al punto di farti immaginare le
voci". Alzò gli occhi scuri verso di lui, seria. "Sai che non hai
nessun motivo per esserlo".
"Non si tratta di quello.." iniziò un po' a
disagio, ma subito sbottò: "Sally, cosa ci facevi ad Harbin tre anni
fa?"
Se vi fu un subitaneo balenio negli occhi della donna, fu
praticamente impercettibile. "Come... ero in viaggio. Sai che amo molto
viaggiare".
"Hai detto di aver visto Stephanie laggiù"
continuò. "Ti ha mai detto nessuno che le somigli moltissimo?"
Ora gli occhi della giovane erano decisamente spalancati.
"Cosa... sì, certo, l'ho sentito dire. Ma, Dick, non starai
pensando..." scoppiò a ridere. "Che assurdità! Non penserai che io
sia Nightshade, vero?"
"Chi ha mai parlato di Nightshade?" scattò.
"Come fai a sapere che Stephanie e Nightshade sono la stessa
persona?"
"Cosa? Tutti hanno sentito questa voce, Dick".
"Quindi tu sei partecipe di ogni pettegolezzo"
ribatté amaro. "Come mai sei così tanto interessata a tutto quanto
riguardi la guerra e i suoi segreti, qualsiasi cosa da quando salpa una flotta
fino alla situazione delle alghe. Sally, tu mi nascondi qualcosa".
"Sei ridicolo!" replicò indignata. Poi, d'un
tratto, cambiò umore, si avvicinò al biologo e alzò lo sguardo verso di lui,
con gli occhi neri innocenti. "Ti fidi di me, vero?"
"Il Cielo sa che lo vorrei!"
Le labbra della ragazza, lucide e provocanti, sorrisero.
"Allora baciami!" sussurrò.
Lui le obbedì con passione. Come al solito quelle labbra
ardevano come fuoco, ma all'improvviso, Sally tirò indietro la testa e gli posò
le mani sul petto, come per allontanarsi dal suo abbraccio. Una delle unghie
scarlatte della ragazza gli graffiò la gola in modo profondo. Con uno sguardo
sorpreso di dolore, Lister la lasciò andare.
"Mi stavi facendo male" spiegò la ragazza in tono
apologetico, ma gli occhi osservavano il tenente come quelli di una gatta.
"Mi dispiace di averti graffiato".
"Non è niente" bofonchiò lui di rimando. Si
sentiva stranamente debole; non c'era da meravigliarsi, pensò, preda com'era di
quelle emozioni così violente e contrastanti. Ma d'improvviso si trovò seduto
su una sedia con la testa fra le mani, mentre la stanza sembrava ruotare
attorno a lui come le pale di un elicottero.
Attraverso la nebbia delle vertigini udì la voce di un uomo,
e poi la risposta di Sally. "No, no" diceva quest'ultima. "Così
è molto meglio. Se ti avessi chiamato, ne sarebbe seguita una colluttazione e
possibili spiacevoli conseguenze, mentre ora guarda come sprofonda lentamente
nel sonno".
"Mi inchino alle tue capacità, Kazarovna" rispose
l'uomo. "Esiste una sola Stephanie".
"Sono felice che sia andata così. E' l'unico che
conosce il segreto delle alghe, e tra breve lo saprà anche l'Asia".
III
Quando Lister fu nuovamente consapevole del mondo che lo
circondava, ne notò la natura instabile. Occorsero minuti prima che si rendesse
conto di trovarsi su di un aereo che viaggiava sopra una distesa apparentemente
senza fine di nuvole bianche e brillanti. Passò altro tempo prima che notasse
Sally Amber seduta tranquilla a fumarsi una sigaretta, accanto al pilota del
velivolo, mentre lui stesso era ammanettato molto efficacemente ai braccioli
metallici del sedile. Era prigioniero degli agenti del Khan.
Il suo movimento attirò l'attenzione della ragazza, che si
alzò e si avvicinò al sedile posto di fronte a lui.
"Spero che tu non stia troppo male" disse
cortesemente. "Mi spiace, Dick, ma è stato necessario drogarti".
"Allora è vero!" esclamò con un gemito. "Sei
Nightshade, la subdola spia asiatica".
"Proprio come sono subdole le spie americane"
ribatté la giovane donna. "Dick, io servo il mio Paese al meglio delle mie
possibilità, proprio come tu, quel Cass e il resto degli americani servite il
vostro". Sorrise: “Quel capitano Cass è molto acuto, e ho paura che i suoi
sospetti possano danneggiare la mia utilità in terra americana".
"Beh, non fin quando..." Lister si morse un labbro
e si affrettò ad aggiungere, "Certo che sì. Prenderà le tue foto da casa
mia e le passerà al dipartimento. Come spia, ormai sei bruciata, Sally".
"Oh, non è detto. Dimentichi che hai usato la mia
macchina per scattarmi le foto. Quell'apparecchio ha una particolarità che fa
sì che quando sono io a usarla, si ottengono scatti nitidi e precisi, mentre
quando la lascio usare a un amico, ne escono stampe un po' sfocate. O non ci
avevi fatto caso?"
Se ne era accorto, ovviamente; con scarsa allegria domandò.
"Dove siamo diretti?"
"In Asia".
"Lo ritenevo, infatti. E' per questo che usiamo un
aereo invece di un elicottero". A parità di dimensioni e di potenza,
Lister sapeva bene come gli aeroplani fossero più efficienti degli elicotteri,
e il fatto che Sally avesse scelto l'aereo presupponeva un lungo viaggio.
"Perché?" chiese il tenente dopo un breve silenzio.
"Non lo sai? Perché abbiamo bisogno che tu ci riveli
determinate informazioni. Sono sicura che offrirti salva la vita non serva a
nulla, Dick, ma ti prometto sarà così, se può fare qualche differenza".
"No" rispose tetro. "Non venderò il mio Paese
solo per salvarmi la vita. Comunque, non ho la minima idea di quale
informazione potrei darvi. I vostri batteriologi sono bravi almeno quanto i
nostri, visti i risultati delle reciproche epidemie".
La ragazza scosse i lunghi capelli neri. "Non si tratta
né di batteri né di epidemie, Dick, ma di alghe!"
"Alghe! E perché?"
"Perché tu sai la ragione di questa piaga fangosa nelle
acque mondiali e dei licheni e delle muffe sulla terra. E' un'arma americana, e
l'Asia vuole conoscerne il segreto. Per noi vale più di qualsiasi altra
cosa!"
"Sul serio?" domandò accorto Lister. "E come
mai?"
"Non fare il finto tonto, Dick. Sai benissimo quali
danni stia provocando la proliferazione anomala dei licheni in Siberia.
Ostruisce le linee ferroviarie, proprio come le alghe bloccano il traffico
fluviale. Sai come sia importante per noi rifornire di benzina e di carbone la
nostra forza di spedizione in Alaska, per mantenere attivi i campi Beckerley, e
sai anche che se le nostre industrie petrolifere dovessero arrestare la
produzione per mancanza di carburante, la guerra finirebbe. Saremmo sconfitti.
"Voi Americani usate il carbone dell'Alaska, ma il
nostro deve arrivare dalle montagne Stanovoi, o attraverso il Mare di Okhotsk,
o per ferrovia attraverso Dezhnev. E inizia a diventare impossibile mantenere
attive le ferrovie, visto che la Siberia è strangolata da quel maledetto
lichene".
"E passare per la via d'acqua?"
"Acqua! Le navi sono bloccate in tutti e sette i mari.
Guarda laggiù!".
Abbassò lo sguardo e attraverso un ampio squarcio fra le
nuvole vide il Pacifico, oltre tremila metri più in basso sotto al vetro del
pavimento. Il mare aveva un aspetto strano: non era blu, ma verde brillante.
Stringendo gli occhi per scrutare meglio, riconobbe due piccoli vascelli
immobili sulla distesa verde.
"Siamo a questo!" mormorò fra sé, chiedendosi in
quale situazione si trovasse la potente flotta di Allen. Avrebbe provato a
penetrare quel mare congestionato? A Sally disse: "Benissimo. Per quel che
mi riguarda, più la Siberia finisce strangolata, meglio è".
Per la prima volta da quando la conosceva, notò un leggero
segno di irritazione sul viso della ragazza. "Ti tireremo fuori il
segreto, puoi starne certo, Dick!"
"E tu saresti" disse pensieroso, "la dolce,
piccola Sally Amber, che aveva detto di amarmi".
All'improvviso, il volto della giovane si distese e si
addolcì. "E se ti amassi?" sussurrò. "Questo farebbe qualche
differenza per te, Dick?"
L'uomo rise con amarezza. "Pensi forse che ti creda? So
tutto della principessa Stephanie e del suo addestramento. Ammesso che tu ami
qualcuno, questo è solo il Khan!"
"Non il Khan, ma l'Asia" rispose la donna.
"Lui non conta nulla per me, se non per il valore che ha per la mia
nazione. E' stato proprio lui, Dick, a istruirmi fin da piccola per diventare
immune all'amore. Eppure... eppure, Dick, non ho mai incontrato nessun uomo che
mi sia... piaciuto... come mi piaci tu. Hai meno valore dell'Asia, certo, ma
più di qualsiasi altro uomo al mondo".
"Ecco un'altra delle tue bellissime bugie" asserì
pieno di dolore.
Per un lungo istante, Sally rimase in silenzio, poi infine
rispose: "No, non è una bugia", per poi alzarsi e tornare al suo
posto accanto al pilota.
Non rivolse più alcuna parola a Lister per le successive
sette ore, fin quando si trovarono a passare sopra Honshu e il Fujiyama coperto
di neve. Allora, tornò a sedersi sul sedile di fronte al tenente con un sorriso
molto gentile, e disse dolcemente. "Sono realmente molto dispiaciuta per
questa situazione, Dick".
"Quando invece dovresti essere trionfante" replicò
l'uomo acido.
"Ma non lo sono. Ascoltami, Dick. Il servizio segreto
del Khan non è molto gentile con i prigionieri. Gran parte degli agenti sono
mongoli e la cortesia non rientra fra i loro metodi per ottenere informazioni.
Pensare che tu possa essere sottoposto a torture mi fa star male, Dick".
"Avresti dovuto pensarci la sera scorsa".
"Ma posso evitartelo. Se mi dici quello che voglio
sapere riguardo a questa epidemia di alghe e licheni, ti prometto un
salvacondotto. Non è forse questa la soluzione migliore per entrambi?"
"No, Sally. Non ammetto di avere le informazioni che
vuoi, ma puoi star certa che, le abbia o meno, non dirò mai nulla che possa
aiutare l'Asia".
Con un sospiro la ragazza si allontanò e i suoi splendidi
occhi lasciarono trapelare una traccia di preoccupazione, ancora presente
quando sull'orizzonte spuntò la catena dei Khingan e l'aereo scese per
atterrare ad Harbin. Sembrò perfino impallidire quando infine una guardia dagli
occhi a mandorla prese la chiave e liberò Lister dal sedile. Continuò a seguire
con lo sguardo quella cupa parata, mentre una mezza dozzina di uomini scortava
Lister nella secolare fortezza di pietra che serviva da prigione militare.
Sally non entrò nella cella dalle pareti di pietra, ma non
appena la porta si chiuse, Dick ne colse il pallore mentre era ferma in
corridoio. Le labbra della ragazza formarono una frase silenziosa e il tenente
avrebbe potuto giurare che fosse "Mi dispiace".
Beh, era senza dubbio troppo tardi adesso perché quella
tristezza potesse aiutarlo, anche se adesso era convinto della sua sincerità.
Sorrise amaro nel pensare al clamoroso sbaglio che aveva portato alla sua
cattura: le alghe e i licheni. L'Asia era strangolata nella morsa di
un'epidemia nata da una causa così semplice, che avrebbe potuto porvi rimedio
anche un bambino della scuola media.
Fortunatamente per l'America, le crittogame crescevano più
abbondanti in Asia e, finché non avesse parlato, il vantaggio sarebbe stato
tutto dalla parte del continente occidentale. Finché non avesse parlato! Smise
di sorridere e serrò la mascella. Non avrebbe parlato; tortura o meno, doveva
essere abbastanza forte da mantenere il silenzio.
Passarono le ore e il tenente udì conversazioni nel
corridoio adiacente, ma effettuate in una qualche lingua asiatica, di cui non
afferrava assolutamente il senso. Poi, un passaggio casuale nella lingua
franca gli fece sapere che il Khan non si trovava ad Harbin, ma era ancora
al fronte, con le truppe in Alaska. Alla fine, una guardia gli portò una brocca
d'acqua, pullulante di alghe verdi, e un tocco di pane secco. L'uomo però, un
mongolo, non parlava né l'inglese né la lingua franca, o almeno si
rifiutò di farlo.
Era ormai notte fonda quando quattro orientali dall'aspetto
tetro e un imperturbabile siberiano lo condussero dalla cella fino a una camera
che sembrava affondare nel sottosuolo. Era illuminata da un'unica debole
lampadina, mentre una decina di paia di occhi gelidi lo sondavano – ma un paio
non erano così. Sally Amber sedeva a capo del tavolo lungo e stretto, e
incontrò lo sguardo di Lister con occhi grandi, preoccupati e ansiosi.
Fu lei a rivolgersi a lui: "Dick" esordì
dolcemente, "Ho detto a questo comitato interlocutorio che avresti
rivelato tutto quello che sai sull'epidemia di alghe e muschi. Mi hanno
promesso la tua salvaguardia, nel caso tu parli, e ho assicurato il compagno
Plotkin che tu lo farai".
"Un'altra menzogna, come al solito" replicò cupo
Lister.
Fu Plotkin a intervenire con la voce che giungeva dal
profondo della barba. "Vedi, Kazarovna" brontolò, "con queste
ostinate scimmie americane funziona un solo metodo. Credo sia meglio
usarlo".
"Oh, no!" esclamò spaventata Sally.
"Consentimi di interrogarlo, prima. Con me parlerà. Posso sapere quel che
ci serve. Ti prego..." Si interruppe d'improvviso mentre gli occhi gelidi
di Plotkin sembravano esplorarla incuriositi.
"Parlerà?" chiese a Lister, poi visto l'ostinato
silenzio dell'interrogato, aggiunse, "Molto bene. Penso che partiremo con
le pinze per ascelle. Qualche etto di carne strappata dai luoghi opportuni
spesso consente la fuoriuscita di un profluvio di informazioni".
Sally – o Stephanie – soffocò un singhiozzo e si coprì gli
occhi. Le quattro guardie mongole costrinsero Lister a sollevare un braccio;
per un momento l'uomo provò a lottare, ma capì subito come ogni resistenza
fosse del tutto inutile. Il flemmatico siberiano afferrò un piccolo strumento
luccicante e le pinze strapparono un brandello di carne da sotto l'ascella. Il
tenente si morse ferocemente le labbra per sopprimere il ruggito di dolore che
cercava di uscire, ma non si sentì alcun suono nella camera, se non il soffuso
singhiozzare della ragazza.
"Come mai sei così colpita, Kazarovna?" domandò
amabilmente il siberiano. "Certo la principessa Stephanie deve aver
assistito a metodi di tortura molto più estremi di questo".
La ragazza sorrise debolmente. "Certo, è solo che non
mi sono ancora ripresa dal soggiorno americano... che posto orribile!"
Plotkin annuì e rivolse nuovamente l'attenzione al
prigioniero. "Vogliamo provare di nuovo?" sorrise. "O preferisce
una qualche variazione?"
"No di certo" rispose il biologo,
"parlerò". Senza batter ciglio incontrò gli occhi prima sorpresi, poi
sollevati e comunque increduli della ragazza. Se recitava, pensò, era realmente
molto brava.
"Bene... benissimo!" brontolò il siberiano.
"Si sta dimostrando molto più saggio, o comunque meno ostinato, di gran
parte dei suoi conterranei che ci è capitato di dover interrogare. Bene,
dunque. Ascoltiamo il segreto".
"E' meglio che prenda nota con attenzione"
consigliò Lister. "E' piuttosto complicato".
Attese, mentre Plotkin parlava in russo con l'uomo al suo
fianco, poi cominciò:"L'epidemia di alghe e licheni" disse
lentamente, "è dovuta all'enorme incremento di tallogeni. Se riuscite a
controllare le confervae, il problema sparirà".
"E cosa sono i tallogeni?" abbaiò Plotkin.
"Sono la terza grande suddivisione delle crittogame. Il
gruppo contiene, oltre alle confervae, anche ulvae e fuci".
"Non può spiegarlo in un linguaggio
comprensibile?" sbottò il russo.
"Posso esprimere informazioni scientifiche solo con il
linguaggio della scienza" replicò il biologo, mentre i suoi occhi non si
staccavano da quelli, affascinati, della ragazza. "Dovranno essere i suoi
scienziati a tradurglielo".
"Tutto qui?" chiese bramoso il siberiano.
"Tutto qui. Riducete le confervae e ci saranno meno
tallogeni. Quando questi saranno diminuiti, alghe e licheni cesseranno di
essere un problema. In realtà, è molto semplice".
"Riportatelo in cella" brontolò Plotkin. "E'
meglio che quello che ha detto sia vero, amico, a meno che non voglia
assaggiare un'altra porzione del trattamento".
"Ogni parola che ho pronunciato è vera" asserì
convinto l'americano.
Era ancora notte fonda, tre ore dopo, quando la porta della
cella si aprì e rapida e furtiva entrò una figura magra e sottile. Per un
attimo, Lister pensò fosse un ragazzo, poi riconobbe Sally con indosso la
camicia e i pantaloncini di un pilota di elicottero. Si chiuse silenziosamente
la porta alle spalle e si gettò di corsa fra le sue braccia.
"Non lo sopporto" singhiozzò. "Perché lo hai
fatto? Plotkin è furioso, pazzo di rabbia. Ti scioglierà nell'acido un pezzo
alla volta! Lui... Lui... Perché lo hai preso in giro, Dick?"
Lister osservò il viso pallido della giovane donna.
"Anche questa è una recita?" chiese freddamente. "Dopo tutto, la
principessa Stephanie, Nightshade, non dovrebbe certo interessarsi a quale sia
il destino di un uomo".
"Invece sì! Ti amo, Dick. Non mi importa di niente
altro se non di te e dell'Asia, ma non posso permettere che tu venga torturato
e ucciso, neppure per il bene del mio Paese". Si fermò, sopprimendo i
singhiozzi.
"Plotkin è un maniaco" proseguì. "Ha mandato
una copia della tua dichiarazione all'università di Tsitsihar e ha ricevuto la
sprezzante risposta che le tue parole significano che l'epidemia di alghe è
dovuta a un incremento delle alghe".
L'uomo sorrise: "Allora? Non è forse vero?"
"Sì, ma... Oh Dick, sta diventando terribile! Hanno
mantenuto il rifornimento d'acqua alle città aggiungendo cloruro di calcio alle
scorte idriche, ma in tutto il paese, in tutto il mondo credo, i pozzi sono
soffocati e i fiumi oppressi dalla vegetazione, e gli oceani stanno diventando
delle pesanti masse di fanghiglia. Per non dire poi di come in terra le muffe
si espandano come fiamme di fuoco grigiastro!"
Era ancora sospettoso, per quanto stringesse saldamente a sé
la giovane. "Stai tentando di commuovermi?" chiese. "Ti avviso,
Sally, non ti dirò nulla".
"Non mi interessa che tu lo faccia o meno! Non capisci,
Dick! Ti amo!"
"Se mi ami, allora aiutami ad andarmene da qui".
Sally si liberò dalla stretta con una spinta e lo fissò
indignata per la sua sfiducia. "E perché altro pensi che sia venuta?"
domandò a voce molto bassa. "Seguimi, svelto, prima che Plotkin si sia
calmato abbastanza da concentrare la mente sui particolari della tua
tortura".
La ragazza si avvicinò alla porta e bussò più volte. Si aprì
subito e scivolarono lungo il corridoio fiocamente illuminato, accanto a una
giovane guardia russa, che guardò Sally con occhi rapiti. La donna gli rivolse
poche parole e l'uomo distese il braccio nudo; Sally lo graffiò rapida con una
delle sue unghie. Lister vide l'uomo sprofondare lentamente in un ammasso
inerte sul pavimento.
"Così sembrerà un trucco americano" spiegò con un
sussurro la giovane donna, "ma temo che sarà comunque messo al muro come
traditore".
"Perché lo ha fatto?"
"Perché mi ama" fu la semplice risposta.
Lister la seguì su per una stretta scalinata in pietra,
chiedendosi quante porte sbarrate in quel corridoio nascondessero prigionieri
americani. Alla fine, la ragazza si fermò. “Aspetta qui” sussurrò e sparì
dietro un passaggio nascosto.
Udì una conversazione a bassa voce in cinese, poi Sally fu
di nuovo al suo fianco. “Vieni” lo invitò a bassa voce. “L'ho mandato da
Plotkin con un finto messaggio”.
Lister la seguì su per un'altra scala, al termine della
quale emersero improvvisamente alla luce delle stelle. Erano arrivati sul tetto
della struttura e l'americano guardò con apprensione Harbin e le sue luci notturne.
Sally correva verso un piccolo elicottero da ricognizione, con spazio per il
solo pilota.
“Svelto!” esclamò, “Dentro”.
“Tutti e due?” Il tenente aggrottò la fronte davanti a quel
minuscolo velivolo.
“Sì, perché devo mostrarti cosa fare. Questo da solo non ti
porterebbe certo molto lontano”.
Si strinse accanto a lei. La minuscola cabina oscillò come
un pendolo, mentre il rotore principale fischiava e strideva, per poi farsi
faticosamente strada verso l'alto. Sally azionò la propria luce lasciapassare
verde, in ansiosa attesa di una risposta dal controllo a terra.
“Ecco!” indicò sollevata. “Hanno aperto una sezione del
campo Beckerley. Ho un permesso di transito, ma se avessero scoperto la tua
fuga, avrebbero potuto ostruire ogni passaggio; specialmente il mio, a pensarci
bene; sono certa, infatti, che Plotkin non si fida più di me”.
Il velivolo si mosse nella notte con un suono lamentoso; le
luci della città si fecero più rade e meno intense; alla fine la ragazza si
rilassò, rilassandosi accanto al compagno
negli spazi stretti della cabina.
“Siamo passati oltre i fari di segnalazione” comunicò.
“Adesso dovranno aspettare l'alba prima di inseguirci, e per allora potremmo
essere in qualsiasi punto di questa metà dell'Asia, per quanto possono sapere.
Se questo cavatappi reggesse ancora un po'...”
Lo fece e quando il sorgere del sole mandò bagliori rosati
sopra il mare, erano proprio su di uno stretto promontorio che si allungava
nell'acqua in direzione sud. Lister spalancò la bocca nel vedere il mare,
perché senza dubbio era il più straordinario mai visto da occhio umano, o
almeno da quando i plesiosauri avevano allungato il collo sopra gli oceani
dell'era carbonifera, milioni di anni prima.
Era una luccicante distesa verde, che a prima vista sembrava
immobile come il terreno solido; quando però il velivolo scese verso la
spiaggia, Lister ne riconobbe un movimento, quello del lento sollevarsi e
abbassarsi della fanghiglia, come se la distesa provasse a respirare. Non
c'erano onde, perché le alghe avevano domato venti e tempeste, e il mare
consentiva alla brezza di scivolare sopra le acque, come se fossero coperte da
una pellicola oleosa. Il fatto che provocò un tremito disgustato al biologo fu
la vista degli uccelli che si muovevano sparsi sopra la superficie fangosa
ormai secca abbastanza da sostenerne il peso, e beccavano milioni di mosche.
Sally non sprecò tempo nel guardare il paesaggio. “E' la
punta meridionale di Taiwan” disse, quando l'elicottero stava raggiungendo la
spiaggia fangosa, “o come tu sei solito chiamarla, Formosa. Qui c'è una
barca...”
“Una barca? E come potremo usarla in quella... quella cosa?”
“Stammi a sentire un momento. Quel capannone contiene un
battello a ruota, un esperimento, un veloce adattamento operato dai nostri
scienziati, che avevano previsto l'evolvere della situazione, se non fossimo
stati in gradi di arrestare la crescita delle alghe. Questo tipo di
marchingegno è in grado di far muovere uno scafo leggero proprio sopra le
alghe. Non si ingolfano come dei normali motori. Ha un motore alla dinolina e
una portata di oltre mille e cinquecento chilometri”.
“Mille e cinquecento chilometri! Non posso andare dove
voglio con quella?”
“Puoi arrivare dove voglio che tu arrivi” ribatté la ragazza
stringendo gli occhi. “Puoi raggiungere Hong Kong, che è inglese, oppure
Haiphong, nell'Indocina Francese. Hong Kong è parecchio più vicina, però”.
“Ma si tratta di paesi neutrali! Sarei internato, se
raggiungessi un porto neutrale. Invece voglio tornare al mio lavoro in
America”.
“Io invece” replicò dolcemente Sally, “voglio impedire che
tu possa farlo. Ho già tradito abbastanza la mia patria, senza permettere a un
nemico pericoloso come te di tornare in servizio. Voglio solo vederti in salvo,
Dick”.
Volse le spalle e lui la seguì fino al capannone che aveva
indicato. Là c'era la barca, un battello di dieci metri, con delle ruote dotate
di pale di quasi due metri di lunghezza, una versione in miniatura di un
vecchio battello a vapore del Mississippi.
"Lo vedi?" chiese la ragazza, indicando uno strano
marchingegno formato da tubi in vetro ricurvi. "E' un distillatore solare.
Ci metti dentro dell'acqua di mare e l'evaporazione produce un vuoto parziale
che consente di distillare acqua da bere. E' prodotta dal sole, proprio come la
pioggia.
All'interno dello scafo vi sono provviste di cibo per circa
un mese. Sei in grado di occuparti del motore? Se rimane ingolfato dalle alghe,
devi fermarti e ripulirlo subito".
"Lo so, lo so, Sally, ma tu che farai? Sarai al sicuro
dopo quanto accaduto?"
"Posso badare a me stessa" Il tono era perfino
spavaldo, ma Lister capiva che dentro di lei c'era una lotta fortissima fra il
senso del dovere e la passione amorosa. "Oh Dick" disse tremando,
"se questa guerra mai finirà..."
"Non durerà ancora a lungo. Non appena i rifornimenti
di carburante per l'Alaska smetteranno di arrivare, il Khan sarà costretto alla
resa".
"Ah, ma lui sta per finire di inst..." Si fermò
appena in tempo, terribilmente rossa in volto.
"Installare un oleodotto, vero?" completò la frase
per lei il tenente. "Ero convinto che lo avrebbe fatto, prima o poi. In
questo modo potrà rifornire di petrolio i campi Beckerley, vero?"
Sally rise
amaramente. "La fine di Nightshade!" esclamò. "Non mi
meraviglio che tutti temano una spia innamorata. Dick, è il primo sbaglio che
abbia mai commesso, e l'unica consolazione è che prima che tu possa raggiungere
un qualsiasi luogo in grado di trasmettere la notizia in America, sarà troppo
tardi. Quindi... addio".
Con la sensazione delle sue labbra che continuava a
inebriarlo, Lister guardò l'elicottero sparire verso nord; poi spostò
l'attenzione sul battello che doveva usare, il cui nome era scritto in
ideogrammi cinesi. Scivolò facilmente a bordo e senza ulteriori esitazioni
accese il motore, azionò le pale e si mise in marcia.
Il suo avanzamento fu molto particolare. Le pale sollevavano
enormi quantità di fanghiglia, che ricadevano dietro con dei tonfi sordi e
privi di schizzi; il battello, spinto in avanti dall'incredibile potenza dei
motori a dinolina, scivolò facilmente lungo quella superficie fangosa infestata
da insetti. Non era neppure particolarmene lento: Lister calcolò di procedere a
un'andatura di almeno venticinque nodi.
Formosa era ormai solo la parvenza di un'ombra lontana,
quando passò al fianco della prima nave bloccata in mare. Era una fregata
olandese e l'equipaggio – o quel che ne restava, visto che in gran parte doveva
essersi messo in salvo con un elicottero – si assiepò lungo la balaustra per
vederlo passare. Salutò, ma non ottenne alcun segno di risposta.
D'improvviso capì il motivo di quel cupo silenzio: il suo
vascello portava le insegne oro e porpora del Khan, e l'Olanda, inserita
nell'ombra estesa dell'Unione Asiatica come Borneo, Celebes e la Nuova Guinea
non amava certo il sovrano.
La bobina si intasò e Lister si fermò per ripulirla dalle
alghe. Ecco l'idea: si alzò in piedi e guardò lontano verso oriente, dove il
mar della Cina incontra il possente Pacifico. Perché mai avrebbe dovuto andare
a Hong Kong, Haiphong o un qualsiasi altro porto neutrale?
Che altre opzioni aveva? Osservò rapidamente la mappa delle
Indie Orientali, fissata sopra il vano motore. C'era Luzon, certo, ma le
Filippine, durante gli ultimi cinquant'anni di Indipendenza, si erano
avvicinate parecchio all'Asia e non nutrivano particolari simpatie per gli
Stati Uniti.
C'erano le Marianne, dove l'ammiraglio Allen aveva
annichilito la flotta asiatica, e dove doveva sicuramente trovarsi una
guarnigione americana, se avesse potuto raggiungerla. Ma distavano oltre
tremila chilometri nel Pacifico, vicino a Guam. Aveva carburante per meno della
metà di quella distanza, ma...
Girò il vascello e lo mise sulla scia del cargo olandese.
L'equipaggio a bordo lo guardò avvicinarsi cupamente, ma lui si accostò alla
chiglia e gridò: "Qualcuno di voi capisce l'inglese?"
Un uomo si sporse dalla ringhiera. "Sì! Cosa
vuole?"
"Ascolti! Sono americano, non asiatico. Guardate!"
Non aveva uniforme, visto che i biologi non ne avevano
bisogno, ma mostrò la targhetta identificativa, con lo scudo bianco, rosso e
azzurro chiaramente in vista.
Ne nacque un fitto conciliabolo. "Cosa vuole?"
chiese lo stesso uomo di prima, ma con tono più amichevole.
"Solo qualche informazione. Voglio sapere se c'è una
nave inglese o americana bloccata fra qui e Guam. Vorrei comprare del
carburante. Siete in contatto con qualcuna?"
Seguì una lunga conversazione in olandese fra i membri
dell'equipaggio, alla fine, il tramite con Lister parlò nuovamente: "C'è
la Resolute, inglese, ferma fra latitudine 21'20" e longitudine
135'60"."
Il tenente osservò la mappa e segnò la posizione. Sarebbe
andata benissimo: si trovava proprio mille e seicento chilometri a est della
sua attuale posizione, e certo avrebbe corso un azzardo con il carburante a
disposizione, ma ne valeva la pena. Se avesse raggiunto la nave inglese e
ottenuto il rifornimento di carburante, allora sarebbe sicuramente arrivato
fino a Guam o alle Marianne, per dare la notizia agli americani del lichene che
aveva bloccato le ferrovie siberiane, tagliando di fatto la linea dei rifornimenti
di combustibile per i campi Beckerley dell'Alaska, ma che il Khan si stava
affrettando a costruire un oleodotto per superare il problema.
Prima dell'abbandono del rifornimento di carbone e l'arrivo
dei primi a petrolio, forse ci sarebbe stato un breve gap temporale, durante il
quale i campi di forza nemici sarebbero rimasti spenti. Se l'America l'avesse
saputo e colpito proprio in quel momento, la guerra sarebbe stata vinta. Lister
doveva portare in tempo la notizia al proprio Paese!
Quindi spinse subito la nave in direzione est. Pian piano la
nave olandese svanì in distanza e Formosa diventò una nube scura sempre più
piccola e lontana. Alla fine si trovò solò in quella immensa distesa di mare
verde e morto, a stento in grado di muoversi, tanto che il passaggio del
battello non lasciava scia, se non una specie di ferita di un verde più scuro,
che subito si richiudeva alle sue spalle. Non c'erano pinne a tagliare la
superficie fangosa, e pochissimi uccelli volavano, visto che la loro preda
cresciuta ad alghe era troppo abbondante per chiamarli lontano della
terraferma.
Per conservare il carburante, fu molto preciso nel tracciare
la sua rotta arcuata. Il fango maleodorante gli dava la nausea, cui si
aggiungeva il perenne procedere dondolante del vascello. Il giorno si dissolse
in una notte piena di stelle, per poi tornare a far giorno.
Riuscì nell'impresa. La mezzanotte del secondo giorno, con
meno di un bicchiere di dinolina nel serbatoio, vide nell'oscurità le luci
della Resolute.
Convincere il capitano, però, si dimostrò un'impresa più
difficile della traversata.
"E' molto, molto irregolare!" brontolò
l'ufficiale. "Siamo neutrali". Alla fine, comunque, visto che
l'Inghilterra controllava l'India, gli stati della Malacca e Papua, e odiava
l'Asia in ogni sua forma, vuoi per tradizione, vuoi per scelte politiche, il
comandante inglese addivenne a più miti consigli e Lister fu in grado di
riprendere il cammino con il serbatoio pieno.
Aveva provato a far trasmettere al comandante della nave un
messaggio in codice via radio agli Americani, ma su questo punto l'uomo si
dimostrò irremovibile.
IV
Il mattino seguente poco dopo l'alba, alzando lo sguardo
dietro di lui scorse un velivolo, che si muoveva agile fra le ombre che ancora
oscuravano l'occidente e il lontano mar della Cina. Presto, l'aereo fu sopra di
lui e si mise a ruotare in cerchio, prima di gettarsi in picchiata con un'ampia
spirala. L'aquila dorata a due teste, emblema delle forze aereee del Khan,
luccicava sopra le ali.
Il velivolo si raddrizzò molto vicino e un braccio si mosse
con forza, indicando l'ovest. Il pilota lo stava richiamando indietro.
Lister fissò l'aereo con occhi stretti a fessura, ma
continuò a indirizzare la rotta verso l'obbiettivo previsto. Non l'avrebbero
convinto tanto facilmente a tornare indietro. Era però in profondo disagio,
visto che si trovava completamente alla mercé del pilota asiatico, nel caso
volesse prima o dopo usare un proiettile o una bomba.
L'aereo tornò verso di lui nel corso della sua traiettoria
curvilinea e all'improvviso, con grossa meraviglia, l'americano si accorse che
stava provando ad atterrare su quella collosa massa di fango oscillante. Era
impossibile!
Ma l'aereo sembrò capace di riuscirvi, visto che i
galleggianti saltellarono leggermente sopra quella superficie insidiosa,
rimbalzando verso di lui. Era praticamente ammarato, quando successe
l'inevitabile. O l'aereo iniziò ad affondare, oppure il mare crebbe, Lister non
fu in grado di capirlo, ma il muso dal motore spento sbatté contro la massa di
fango verde. Con molta dolcezza, il velivolo sollevò la coda e iniziò ad
affondare di muso, con le eliche che spargevano attorno robaccia verde. Il
pilota – e Lister riuscì per un secondo a vederlo benissimo mentre la sua
sagoma veniva catapultata in aria – finì dentro quelle alghe impassibili.
Rimase solo un buco che si riempì subito di alghe e l'aereo che stava
affondando.
Ma il biologo aveva visto abbastanza: era Sally Amber! Era
proprio lei che lottava da qualche parte nella profondità di quel mare
nauseabondo. Ma lui era del tutto impossibilitato ad aiutarla, come se si
trovasse a mille chilometri di distanza.
Girò il timone e il battello sobbalzò e si fece strada verso
il punto dell'affondamento. Si avvicinò il più possibile senza disturbare
quell'increspatura della superficie che si stava rapidamente chiudendo e fermò
lo scafo. Afferrò la corda da dieci metri che era fissata alla prora e legò
l'altra estremità con forza al suo braccio. Poi, dopo aver fissato il punto
esatto dell'inabissamento della ragazza, si tuffò nel fango.
Fu come nuotare in mezzo al petrolio. Anche solo muovere le
braccia richiedeva uno sforzo titanico, e non riusciva a capire se scendesse,
salisse, si spostasse lateralmente o semplicemente facesse ribollire l'acqua
restando nella medesima posizione. Quella mucillaggine gli riempì il naso, gli
occhi, le orecchie, perfino la bocca, quando in un momento di distrazione
l'aveva aperta.
Poi la mano colpì qualcosa di solido e gli bastò un attimo
per capire che si trattava della caviglia di Sally. La strinse forte con
disperazione e diede uno strattone alla corda legata al braccio. Tirarsi su
lungo la corda fu difficile, visto che aveva solo una mano a disposizione. Una
volta perse la presa sulla corda, a causa del fango, e fu costretto a iniziare
tutto da capo, ripartendo dal punto dove la fune era legata al braccio.
Fu a malapena in grado di capire quando raggiunse la
superficie, per la quantità di fango che ormai lo ricopriva completamente.
Spinse la ragazza oltre la balaustra e poi si fermò per ripulirsi il naso e la
bocca e riprendere a respirare. Salì barcollando sulla barca.
Sally non era svenuta, ma era praticamente verde come le
alghe che si stava strappando dagli occhi.
"Grazie Dick" disse, "per avermi salvato. Mi
vergogno di averne avuto bisogno".
"Perché sei qui?"
Gli occhi della giovane divennero più duri. "Perché sei
qui tu, Dick? Ti avevo detto di dirigerti verso Hong Kong o Haiphong".
"Non ti ho fatto nessuna promessa a riguardo,
Sally".
"Forse, ma credi che ti possa lasciar andare verso una
nave o un porto americano, con le informazioni di cui sei in possesso? E' già
abbastanza brutto che me le sia lasciate sfuggire e che ti abbia aiutato a
scappare, ma non tradirò l'Asia più di quanto non abbia già fatto,
capisci?"
"Come mi hai trovato?
"Subito dopo averti lasciato, mi è sovvenuto che
avresti potuto tentare un'impresa del genere. Sono tornata ad Harbin prima che
Plotkin mi collegasse alla tua fuga – ammesso che non lo abbia già fatto – così
ho potuto prendere un aereo. Ho sorvolato il mare cinese fra Taiwan e Hong
Kong, per assicurarmi che non fossi lungo quella rotta, poi mi sono diretta a
est.
"Per due giorni ho scandagliato l'area; sai, ho
previsto che avresti scelto Guam come destinazione finale. Ma ora, Dick, andrai
dove voglio io. Torneremo a Luzon. Le Filippine sono neutrali, ma simpatizzano
per l'Asia; così potrò farti internare e con un po' di influenza, liberarmi e
tornare a casa. Parti".
Lister obbedì e il vascello riprese la sua rotta verso est.
"Vira!" esclamò la ragazza infuriata. Al sorriso
beffardo del compagno, rispose infilando la mano nel petto del suo giaccone da
aviatore ed estrasse una piccola automatica giapponese, una calibro nove,
piccola ma letale grazie ai suoi proiettili ad alta velocità ricoperti di
cromo. "Cambia rotta, Dick!"
Con un movimento tanto imprevisto da sorprenderla
completamente, l'uomo scalciò via la pistola dalla mano della ragazza; l'arma
ruotò più volte prima di finire con un tonfo dentro il fango. "Andiamo
dove voglio io, Sally" le disse calmo.
Sally iniziò a singhiozzare: "Avrei dovuto ucciderti!
Ma non ci sono riuscita, ed ecco il risultato".
D'un tratto spalancò gli splendidi occhi scuri in direzione
del compagno: "Dick, sai cosa mi accadrà se mi porterai a Guam? Sai cosa
fanno alle spie? Vuoi che mi mettano con la schiena contro un muro?"
"Dio!" borbottò l'uomo. "Non ci avevo
pensato. Ascolta, Sally. Le isole Peleu sono giapponesi e non distano molto
dalla mia rotta. Ti farò arrivare là verso mezzanotte, ben legata e
imbavagliata, in modo che tu non possa dare l'allarme. A guerra finita, mi
auguro tu possa perdonarmi".
"Ti perdono subito Dick" disse, dolcemente, ma con
una strana nota intrigante nel tono della voce. "Nightshade è morta. Non
sono una buona spia, quando ci sei tu di mezzo. Ma ti avverto che proverò
ancora a sconfiggerti".
L'uomo indirizzò la barca verso la nuova rotta.
"Provaci pure, Sally".
All'improvviso si accorse di qualcosa che cambiò
completamente le carte in tavola! Fissando in lontananza quell'orribile mare
fangoso, si accorse di un cambiamento: oltre al verde, adesso si vedevano vaste
chiazze marroni... erano alghe morenti!
Per un secondo non riuscì a comprenderne il significato,
poi, tanto all'improvviso da far sobbalzare la compagna, gridò: "Capisco
tutto adesso! E' successo!"
"Co...Cosa?"
"I campi Beckerley del Khan in Alaska si sono spenti!
Le ferrovie siberiane sono state finalmente bloccate dalle muffe! Non ha più
combustibile! Non possono essere i nostri campi a essersi spenti, perché le
nostre miniere di carbone sono troppo vicine alle linee per poter essere
tagliati fuori in questo modo".
"Come sai che i campi Beckerley sono spenti?"
chiese Sally.
"Il... il..." si riprese e proseguì. "Non
andremo alle Peleu, in fondo. Andremo a Guam. Questa notizia non può aspettare;
non appena la notizia arriverà alle truppe americane, la guerra sarà finita. I
nostri campi funzionano ancora, i vostri no".
"Come... come lo sai?"
"Te lo posso anche dire, tanto non potrai farci nulla.
Volevi sapere cosa sapessi dell'epidemia, giusto? Beh, sto per dirtelo Sally.
Non è un'arma americana: è stato un incidente".
"Un... incidente?"
"Esatto, o per meglio dire un effetto collaterale. E'
il risultato dei campi di forza. Il dubbio mi era venuto dopo aver scoperto che
il centro del problema sembrava trovarsi in Alaska. Lassù ci sono due enormi
campi di forza a poche centinaia di metri l'uno dall'altro. Fra loro corre una
linea di più di cento sessanta chilometri di terrificanti forze elettriche in
competizione. Cosa ne deriva? Ozono! Tonnellate di ozono vengono riversate
nell'atmosfera, tanto che l'intero involucro della Terra ne ha subito
l'effetto.
"Lo strato consueto di ozono è aumentato di molto e ha
tagliato fuori i raggi solari, che mantengono l'equilibrio nella natura.
Sollevate dall'effetto di contenimento di questi raggi, le crittogame, licheni,
muffe e alghe, sono proliferate in quantità anomala.
"Ma ora è finita: lo strato di ozono è particoalrmente
instabile e torna rapidamente nei limiti naturali. E ora che diminuisce, i
raggi solari, letali per quelle piante, stanno nuovamente attraversando
l'atmosfera.
"Come faccio a saperlo? Le alghe muoiono e questo può
indicare soltanto una cosa: che non ci sono più due campi Beckerley in
competizione. Adesso ce ne è solo uno, il nostro. Lo scudo del Khan è sparito e
non ci resta che attaccare!"
Sally era notevolmente impallidita. "Vorrei tu non me
lo avessi detto" sussurrò. "Oh, Dick, non capisci che dovrò fermarti
adesso? Se mi ami, buttami in mare, perché preferisco morire che passare le
prossime ore a tentare di ucciderti!"
Il volto raggiante dell'uomo si fece serio. "Ore?"
echeggiò. "Occorreranno tre giorni per arrivare a Guam. Sally, quando avrò
bisogno di dormire, ti legherò ben bene. Spero tu non opponga resistenza,
perché Dio sa quanto non intenda ferirti".
Ma la ragazza si comportò in modo molto remissivo quando
lui, qualche ora più tardi, le passò una corda dietro polsi e caviglie.
Ricordava benissimo il trucco dell'unghia drogata ed evitò con cautela di
concederle un'altra opportunità a riguardo. Poi bloccò il timone e si
rannicchiò sopra uno dei sedili per dormire.
Al risveglio, la barca procedeva docile lungo la fanghiglia.
Sally era ancora legata strettamente e apparentemente nella medesima posizione,
ma il fondo della barca era umido a causa di un qualche liquido incolore.
"Cos'è quello?" sbottò Lister.
"Il tuo carburante" rispose trionfante Sally.
"Ho prosciugato il serbatoio".
Per un attimo l'uomo sussultò, ma subito scoppiò in una
risata di sollievo. "Non è dinolina. E' solo l'acqua del distillatore
solare che conservavo per le giornate nuvolose. Il serbatoio è sottovuoto e le
alghe non possono entrarci".
Sally si lasciò cadere sulle ginocchia, sconfortata.
"Vuoi slegarmi?" chiese cupa. "Ho i crampi".
Lister prese il rischio di dormire solo un'altra volta, e lo
fece disteso lungo il serbatoio del carburante, dopo aver legato Sally, non
solo mani e piedi, ma dopo averla fissata perfino al capo di banda. Nonostante
questo al risveglio lei aveva distrutto con un calcio il distillatore solare.
“Perché lo hai fatto?” le domandò molto arrabbiato. “Anche
se non abbiamo bisogno d'acqua per il giorno scarso di navigazione che ci
resta, avrebbe potuto essere utile”.
“L'ho fatto perché, nel caso mancassimo Guam, saremo morti
prima che un ricognitore americano possa trovarci”.
“Non mancheremo Guam” le promise acido.
Con il trascorrere della giornata, torrida e puzzolente, una
pressione straziante cominciò ad aver la meglio su Lister. Intorno a loro, le
alghe cominciavano a diventare marroni e il puzzo che ne derivava era
assolutamente nauseante.
“Sto impazzendo” disse alla ragazza. “C'è uno stupido
limerick che continua a rimbalzarmi nel cervello. Devo dirlo a qualcuno, o
diventerò pazzo. Hai mai sentito la piccola, piccola storia della piccola alga?
Immagino mi sia venuta in mente per questa marea di alghe in putrefazione”.
Sally gli rivolse uno sguardo da gatta inferocita, svegliata
dal torpore dalla possibilità che il compagno potesse impazzire.
“Raccontamela pure” lo invitò infida.
Rise forte, quasi singhiozzando, scosse violentemente la
testa e poi si passò il dorso della mano sopra gli occhi stanchi.
“Dice così: Un grande orso incontra una piccola alga, l'orso
e l'alga, l'orso è panciuto, l'alga è corposa”
All'improvviso si lasciò andare a una grassa risata. “E'
tutto sbagliato questa volta!” affermò. “Cielo! Stavolta l'orso non mangia
l'alga, ma è l'alga che sta mangiando l'orso... quello siberiano. Lo faremo
scappare con la coda fra le gambe, una volta giunti a Guam”.
“Non la raggiungeremo mai” lo schernì la compagna.
“Dici?” esclamò. “Guarda là!” A oriente, contro il cielo
ormai imbrunito, si stagliava una bassa linea costiera. “Guam!” annunciò, con
tono serio e nuovamente in possesso delle sue facoltà mentali.
Sally fu colta dalla disperazione. “Ho perso, allora”
piagnucolò. “Per favore, Dick, vuoi essere così gentile da darmi un bacio prima
che... che possa accadere qualcosa”.
Lister sapeva benissimo a cosa si riferisse la giovane
donna. Si era domandato troppe volte cosa sarebbe avvenuto all'amabile
Nightshade, perché, a dispetto delle sue rassicurazioni, sapeva che il capitano
Cass conosceva la sua identità. I due giorni concessigli erano passati da tempo
e Cass ormai aveva certo fatto rapporto sulla scomparsa di Lister.
La descrizione data dal capitano, unità alla foto sfocata
nell'ufficio del biologo, sarebbe bastata senza ombra di dubbio a identificare
la ragazza. Niente avrebbe potuto salvarla da una fucilazione l'alba
successiva. Così la accolse fra le sue braccia con una tenerezza frutto della
disperazione.
Capì le sue intenzioni giusto in tempo e le afferrò il
braccio un attimo primo che l'unghia avvelenata del suo dito potesse
raggiungerlo alla gola.
“Maledizione, Sally!” tuonò. “Adesso sarai tu ad assaggiare
una dosa della tua stessa medicina. C'è solo un modo in cui eviterai di
procurarmi guai...”.
Ma la donna intuì il proposito del compagno e prima che lui
potesse afferrarle il dito, lo chiuse in un piccolo pugno ostinato, e gli si
oppose con forza straordinaria. Alla fine, però, il biologo trovò il modo di
vincerla: resistendo a tutti gli schiaffi che la ragazza gli sferrava con
l'altra mano, piano piano, con forza e risolutezza, riuscì ad aprirle la mano.
Sally pianse di dolore quando infine riuscì a conficcarle l'unghia nel palmo, poi
gli occhi si spalancarono, fluttuarono e si chiusero; la giovane cadde in
ginocchio e poi si accasciò ai suoi piedi.
Era ormai notte fonda quando la trasportò sull'incrociatore Dallas,
rimasto in stallo a causa delle alghe subito fuori da Agana. Affidatala alle
braccia del medico di bordo, corse a fare rapporto dal comandante in capo:
disse che sapeva, grazie all'imbrunimento delle alghe, che il campo Beckerley
del Khan in Alaska si era disattivato. Non ci fu neppure bisogno di cifrare il
messaggio, visto che l'America deteneva ancora il segreto della trasmissione
radio non intercettabile.
Meno di un'ora dopo arrivò la notizia che l'America aveva
trionfato in Alaska; più tardi, durante la notte, giunse la notizia della morte
del Khan, il cui cadavere era stato identificato con successo. La notizia fece
il giro del mondo.
Già nel primo mattino, l'Asia fu scossa da rivolte e
ribellioni, segno che l'Unione Asiatica si stava disintegrando. Era l'inizio
della fine.
A bordo del Dallas si festeggiava felici la vittoria,
ma Dick Lister non riusciva a esserne partecipe. Certo, aveva salvato l'America
ed era diventato un grande eroe per la nazione, tanto che il presidente in
persona gli aveva espresso il suo ringraziamento via radio.
Doveva fingere euforia, di partecipare con gioia alla festa.
Ma due volti lo tormentavano attraverso quella baldoria: le esotiche
caratteristiche orientali della ragazza che amava, e i lineamenti arcigni e
inesorabili del capitano Cass. A dispetto del fatto che la guerra era ormai
finita e vinta, a prescindere dal ruolo che Lister aveva esercitato in quella
vittoria, Cass non si sarebbe mai permesso un istante di riposo, prima di aver
messo a morte la spia regina del vecchio avversario.
Così, non appena fu in grado di farlo, il tenente si allontanò
dai festeggiamenti e trascinò le gambe, pesanti come il piombo, fino
all'ospedale della nave. Rimase qui con il dottore di bordo a guardare Sally,
ancora priva di sensi.
"Bellissima ragazza la sua fidanzata" disse il
dottore.
"Sì. Siamo stati rapiti insieme dalle spie del Khan, e
lei è stata certo molto più brava di me nel permetterci la fuga. Le sue
condizioni attuali sono dovute all'esaurimento fisico e, ovviamente, alla
gioia". Sapeva benissimo però, che il capitano Cass avrebbe distrutto quel
bel racconto.
"Beh" osservò il medico, "il vostro arrivo è
stata realmente l'unica gioia derivata da questa guerra. Spero che lei sia nel
giusto a ritenere risolto il problema delle alghe, perché restare fermi nel
fango è quanto di più noioso esista sulla Terra. Ho visto soltanto un cadavere
in questo periodo, e peraltro da molto lontano. Un giovane ufficiale ha provato
ad atterrare con il suo aereo sopra la fanghiglia, una settimana fa, ma si è
inabissato e non si è saputo più nulla di lui. Il corpo non è mai stato
ritrovato".
"E' una cosa molto difficile ritrovare un cadavere in
quella fanghiglia" riconobbe Lister, ricordando quello che avevano
passato. "Si sa chi fosse?"
"Era... mi lasci ricordare... un certo capitano Jim
Cass. Lo sappiamo visto che lo aspettavamo".
Il capitano Cass! Una settimana fa. Quindi Cass non era mai
tornato in America. Era morto prima della fine dei due giorni che aveva
concesso a Lister per risolvere la questione Sally/Nightshade. Quindi anche il
fatto che conoscesse la vera identità della giovane donna era annegato con lui.
Nessuno avrebbe mai potuto saperlo!
Con un sospiro di gioioso sollievo, Dick Lister cadde in ginocchio accanto
alla ragazza che amava, ancora abbracciata dal sonno.
giovedì 3 ottobre 2013
Risorgimento con dadi e pedine
Continuando nel periodo di smaccata autopromozione (eh, ne dovrete subire parecchia in questo periodo!!), eccomi qui a parlare di due wargames a firma del sottoscritto, appena usciti per i tipi della Acies Edizioni, una piccola ma intraprendente casa editrice italiana, che ha raccolto tre miei giochi pubblicati anni or sono come DTP (ovvero come autoproduzioni in Desktop Publishing), dando loro una revisione grafica (in realtà nemmeno troppo necessaria, visto l'ottimo lavoro fatto a suo tempo dall'amico Luigi Caruso - ma si tratta di prodotti risalenti a più di dieci anni fa, quindi un leggero restyling era necessario) e un miglior sviluppo delle regole, rendendoli senza dubbio migliori di quanto non fossero.
I lettori di questo blog che mi conoscono da tempo, forse avranno visto due di questi titoli agli inizi del millennio a Stratagemma: si tratta di Obbedisco, la campagna di Bezzecca - risalente al 2001 - e Montebello, uscito due anni dopo. L'unica novità sarà quindi Pastrengo, realizzato dopo il 2007.
Gli amici della Acies hanno realizzato i tre giochi accorpandoli in due soli titoli: Obbedisco, appunto, e Caricat!, che unisce le due battaglie di Pastrengo e Montebello sotto il denominatore comune della carica di cavalleria (quella dei carabinieri nella prima, e quella dei lancieri - poi detti di Montebello - nella seconda). L'unico appunto che posso muovere ai ragazzi della Acies è di essere, dal punto di vista musicale, dei "false ones" e non aver riconosciuto nel titolo che avevo dato a Pastrengo (ovvero "Sound the charge, into glory ride" un chiaro riferimento metal - che ovviamente sapete tutti riconoscere, vero? Non lasciatemi dare anche a voi lo stesso appellativo che Joey De Maio ama conferire ai non "metallari"... Per aiutarvi eccovi l'intera strofa del mitico brano:
Gone are the days, when freedom shone - now blood and steel meet bone
In the light of the battle’s way, the sands of time will shake
How proud our soldiers stand, with mace and chain in hand
Sound of charge into glory ride, over the top of their vanquished pride
Insomma, per farla breve, lo hanno re-intitolato Ride into Glory, che fa molto Teddy Roosevelt e i suoi Roughriders (che non sono un gruppo rockabilly!!!).
A parte questo - che in fondo è una battuta - hanno realizzato davvero un ottimo prodotto, di cui mostro alcune immagini
Sperando di aver stuzzicato la curiosità dei non-wargamer tra voi (credo la maggioranza), vi rimando a un nuovo post immediato, ri-dedicato a Volo su Titano
I lettori di questo blog che mi conoscono da tempo, forse avranno visto due di questi titoli agli inizi del millennio a Stratagemma: si tratta di Obbedisco, la campagna di Bezzecca - risalente al 2001 - e Montebello, uscito due anni dopo. L'unica novità sarà quindi Pastrengo, realizzato dopo il 2007.
Gli amici della Acies hanno realizzato i tre giochi accorpandoli in due soli titoli: Obbedisco, appunto, e Caricat!, che unisce le due battaglie di Pastrengo e Montebello sotto il denominatore comune della carica di cavalleria (quella dei carabinieri nella prima, e quella dei lancieri - poi detti di Montebello - nella seconda). L'unico appunto che posso muovere ai ragazzi della Acies è di essere, dal punto di vista musicale, dei "false ones" e non aver riconosciuto nel titolo che avevo dato a Pastrengo (ovvero "Sound the charge, into glory ride" un chiaro riferimento metal - che ovviamente sapete tutti riconoscere, vero? Non lasciatemi dare anche a voi lo stesso appellativo che Joey De Maio ama conferire ai non "metallari"... Per aiutarvi eccovi l'intera strofa del mitico brano:
Gone are the days, when freedom shone - now blood and steel meet bone
In the light of the battle’s way, the sands of time will shake
How proud our soldiers stand, with mace and chain in hand
Sound of charge into glory ride, over the top of their vanquished pride
Insomma, per farla breve, lo hanno re-intitolato Ride into Glory, che fa molto Teddy Roosevelt e i suoi Roughriders (che non sono un gruppo rockabilly!!!).
A parte questo - che in fondo è una battuta - hanno realizzato davvero un ottimo prodotto, di cui mostro alcune immagini
Sperando di aver stuzzicato la curiosità dei non-wargamer tra voi (credo la maggioranza), vi rimando a un nuovo post immediato, ri-dedicato a Volo su Titano
Volo su Titano e altri racconti
Ebbene sì, finalmente posso svelare con dovizia di particolari, quello che su queste pagine era passato in sottofondo da mesi: il primo volume della collana Mellonta Tauta per la Fratini editore, un'antologia di racconti di Stanley Graham Weinbaum, di cui mi onoro di essere traduttore e co-curatore insieme agli amici Walter Catalano, Luca Ortino e Gian Filippo Pizzo.
Il volume sarà presentato in anteprima nazionale il prossimo 17 ottobre alle ore 18 presso Stratagemma (sarà un piacere intriso di nostalgia tornare nel luogo dove ho "vissuto" per quasi undici anni). Ecco la locandina:
Ed ecco una breve presentazione dell'autore e del volume
Il volume sarà presentato in anteprima nazionale il prossimo 17 ottobre alle ore 18 presso Stratagemma (sarà un piacere intriso di nostalgia tornare nel luogo dove ho "vissuto" per quasi undici anni). Ecco la locandina:
Ed ecco una breve presentazione dell'autore e del volume
Se l'inizio degli anni Settanta del secolo scorso hanno
rappresentato un momento di grave perdita per tutti gli appassionati di musica,
per la scomparsa nel giro di un anno (1970-1971) di tre grandissimi miti del
rock in senso lato (Joplin, Hendrix e Morrison), gli anni Trenta avevano
rappresentato altrettanto con la scomparsa, nel giro di tre anni consecutivi
(1935-1937) di tre pilastri della fantascienza (Weinbaum), del fantasy – e non
solo – (Howard), e dell'horror (Lovecraft).
Due di questi – Howard e Lovecraft – anche per la loro
importanza in ambito ludico (con i tantissimi giochi dedicati a Conan e al
mondo di Cthulhu) saranno ben noti ai frequentatori di Stratagemma, molto meno
forse lo sarà il terzo, Stanley Graham Weinbaum, l'autore oggetto della nostra
presentazione.
Nato a Milwaukee (come Happy Days e la TSR), Weinbaum ha
attraversato il mondo della fantascienza delle origini come una meteora, non
per la scarsa qualità e l'effimero successo dei suoi scritti (anzi, il
contrario), quanto per la brevità della sua vita letteraria, troncata a soli 33
anni da un mare incurabile. Nonostante questo, Weinbaum ha segnato un punto di
svolta nella pur giovane fantascienza del periodo d'oro dei pulp ed è da
considerarsi a tutti gli effetti un precursore di quella fantascienza più
adulta, che pochi anni dopo la sua morte si sarebbe incarnata nella Astounding
diretta da John Wood Campbell e che avrebbe dato voce alla fantascienza di
Isaac Asimov, Robert Heinlein, Ray Bradbury e molti altri dei grandi autori
degli anni Quaranta (prima della rivoluzione degli anni Cinquanta che avrebbe
portato all ribalta altri grandissimi quali Dick, Sheckley, Silverberg,
Anderson e compagnia).
Il presente volume raccoglie undici racconti di Weinbaum, la
metà dei quali completamente inediti nel nostro Paese, gli altri non più in
catalogo da almeno trent'anni, e qui riuniti per la prima volta in un solo
volume. I racconti attraversano le varie voci della fantascienza del Nostro, da
quella spaziale per cui è più noto, al thriller scientifico, alle mutazioni,
alla distopia, alla scienza umoristica (il divertentissimo ciclo del professor
Van Manderpotz), e propone anche un esempio di giallo rosa – genere che
Weinbaum aveva tentato sotto pseudonimo anche in forma di romanzo, prima ancora
di trovare la sua vera vocazione nella fantascienza, e nelle sue straordinarie,
meravigliose e insolite creature aliene.
Curato dal sottoscritto, da Walter Catalano, Luca Ortino e
Gian Filippo Pizzo, Volo su Titano è il primo volume di una collana – che
speriamo possa vedere molti altri esempi in futuro – dedicata al recupero di
tanti autori del periodo della narrativa pulp americana, ingiustamente negletti
o trascurati nel nostro Paese e immeritatamente caduti nel dimenticatoio. Ci
sono centinaia di gemme preziose custodite nel mare infinito della narrativa
popolare d'Oltreoceano. Volo su Titano e il primo tentativo di scovarne alcune
fra le più preziose. Sono certo che non resterete delusi.
Nei prossimi giorni, dal mio blog (oltre che da quello della casa editrice - www.fratinieditore.it), metterò a disposizione alcuni racconti di Weinbaum che alla fine non hanno trovato ospitalità (per vari motivi) nel volume. Spero che li gradirete e che li diffonderete come si deve.
A presto, quindi con le altre novità (ci sono i wargames, anche!)
martedì 1 ottobre 2013
Nuovi Pilot: Agents of S.H.I.E.L.D. e White Queen
Era un po' che non ci sentivamo, vero? Al momento sono fermo con le correzioni di bozze per la Radioarchives, quindi la rubrica pulp latita, e solo da poco ho ripreso con le visioni telefilmiche (con la partenza delle nuove stagioni delle serie già note - avete visto Mycroft Holmes e l'ispettore Lestrade nella prima puntata della seconda serie di Elementary? Se non lo avete fatto, fatelo, perché vale la pena, non anticipo altro). Ecco quindi un breve post con le prime impressioni su di una serie nuova di pacca - la marveliana (?) Agents of S.H.I.E.L.D., per adesso un tentativo sub iudice di portare sul piccolo schermo un lato meno appariscente (e soprattutto meno costoso a livello di produzione) dell'universo di Stan Lee e compagni, e la prima puntata di una serie in "costume" (ma non da super-eroe) The White Queen, che ci trasporta nel periodo della "vera" Guerra delle Due Rose (non quella magicamente farlocca del Trono di Spade), con un discreto cast quasi tutto "all-british" (la serie è una co-produzione fra la BBC e il network statunitense Starz - ed è qui la fregatura, che ne ha inficiato il successo dall'una e dall'altra parte dello Stagno - e le fastidiose Colonie, come direbbe Mycroft...), ma uno sviluppo complessivo inferiore alle attese (ne ho visto una sola puntata), certamente non paragonabile alla straordinaria resa "fantastica" del conflitto operata con il Trono di Spade. Ho guardato il pilot proprio per questo motivo - sapendo che si tratta della riduzione televisiva dell'omonimo romanzo di Philippa Gregory, autrice di romance storici, specializzata nel riproporre eventi più o meno noti del Medioevo e Primo Rinascimento (termine improprio, ma capirsi) britannico, visti dal punto di vista femminile - e francamente ne sono rimasto un po' deluso. Non ne consiglio la visione se non agli appassionati del genere, consapevoli che non vedranno neppure le battaglie del conflitto (forse chissà nelle puntate successive, ma non credo - il budget impera anche oltre Manica) fra le casate Bianco Rosse (che non sono Gigli, ma Rose, e non c'entrano nulla con Firenze - ben più avanti dei bifolchi di Albione, all'epoca).
Tornando invece allo Scudo - che ritengo più interessante per i miei lettori - devo dire che la prima impressione è piuttosto deludente: quasi nulla di super-eroistico (il poco che si vede è molto inferiore ad Alphas - a proposito, chi ha visto lo spettacolare episodio di Big Bang Theory dove Sheldon Cooper si lamenta della prematura dipartita della serie, su uno dei più clamorosi cliffhanger della storia della televisione? Mitico!) e un tentativo di richiamare atmosfere da Agente Speciale (mi riferisco a The Avengers, il celeberrimo telefilm inglese anni Sessanta, con Steed e Peel, la conturbante Diana Rigg - poi rivista come nonna di casa Tyrell nel Trono di Spade... sono o non sono bravo a chiudere il cerchio?!?), che francamente mi ha stuccato dopo pochi minuti. Gli concederò una seconda occasione (ho insistito anche con Arrow, che dopo un po' mi aveva stancato, e in fondo mi sono ricreduto - almeno in parte - sul giudizio finale), ma con sospetto.
Aspettatevi parecchie novità sul blog nei prossimi giorni, perché è giunto il momento dell'auto-promozione smaccata, visto che in questi giorni escono due miei wargames e il primo libro di una collana di narrativa pulp di cui sono co-curatore e traduttore dei testi, la cui prima presentazione dovrebbe avvenire proprio a Stratagemma fra un paio di settimane (chi non viene a sentirla e a salutarmi, peste lo colga!)
Tornando invece allo Scudo - che ritengo più interessante per i miei lettori - devo dire che la prima impressione è piuttosto deludente: quasi nulla di super-eroistico (il poco che si vede è molto inferiore ad Alphas - a proposito, chi ha visto lo spettacolare episodio di Big Bang Theory dove Sheldon Cooper si lamenta della prematura dipartita della serie, su uno dei più clamorosi cliffhanger della storia della televisione? Mitico!) e un tentativo di richiamare atmosfere da Agente Speciale (mi riferisco a The Avengers, il celeberrimo telefilm inglese anni Sessanta, con Steed e Peel, la conturbante Diana Rigg - poi rivista come nonna di casa Tyrell nel Trono di Spade... sono o non sono bravo a chiudere il cerchio?!?), che francamente mi ha stuccato dopo pochi minuti. Gli concederò una seconda occasione (ho insistito anche con Arrow, che dopo un po' mi aveva stancato, e in fondo mi sono ricreduto - almeno in parte - sul giudizio finale), ma con sospetto.
Aspettatevi parecchie novità sul blog nei prossimi giorni, perché è giunto il momento dell'auto-promozione smaccata, visto che in questi giorni escono due miei wargames e il primo libro di una collana di narrativa pulp di cui sono co-curatore e traduttore dei testi, la cui prima presentazione dovrebbe avvenire proprio a Stratagemma fra un paio di settimane (chi non viene a sentirla e a salutarmi, peste lo colga!)
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