Riapro i battenti dopo un'incredibilmente lunga pausa di riflessione, per parlarvi del mio nuovo progetto librario, uscito in questi giorni: si tratta della Guida al cinema horror pubblicata da Odoya, e scritta dal consueto gruppo dei quattro moschettieri (Walter Catalano, Roberto Chiavini, Gian Filippo Pizzo e Michele Tetro), autori del precedente Guida alla Letteratura Horror (sempre per Odoya), che si è conquistata il Premio Italia 2015.
Come tutti quelli che mi conoscono sanno bene, il cinema horror è sempre stata la mia passione e avevo intenzione di fare questo libro da quasi un ventennio, da quando, dopo la pubblicazione del Dizionario dei Personaggi Fantastici (scritto con Gian Filippo Pizzo), l'innesto di Michele Tetro portò alla costituzione di quel trio delle meraviglie che nel quindicennio successivo ha pubblicato non meno di una mezza dozzina di titoli attinenti all'ambito della critica cinematografica, toccando vari campi del fantastico, ma senza addentrarsi mai specificatamente nell'horror, per una serie di motivi troppi lunghi da spiegare.
L'innesto a centrocampo del fantasista Catalano (se mi passate la metafora calcistica) ha portato nuova linfa nel gruppo e soprattutto ha ribilanciato il gruppo, allontanandolo un po' dalla prediletta fantscienza per spostarlo in territori che era più restio ad esplorare. Il primo risultato è stato l'eccellente Guida alla Letteratura Horror che ricordavo sopra, il secondo il recentissimo volume sul cinema horror.
Si tratta di un tomo ponderoso, che supera le 600 pagine, ottimamente illustrato e mirabilmente adornato di piccoli tocchi di genio (i ragazzi di Odoya sono molto bravi e Mauro Cremonini in particolare merita un grandissimo plauso per il lavoro svolto per tutta l'impaginazione e la grafica, grazie!!!), che affronta la tematica importante del new horror in tutte le sue molteplici (vorrei dire infinite) sfaccettature. Frutto del lavoro ponderato (ma mica poi tanto) di quattro autori particolarmente dissimili (o assimilabili a coppie, di volta in volta, per le varie tematiche) nella concezione dell'orrore (ovvero di quello che lo sia, oppure non lo sia) e perciò definito nell'introduzione come mostro tetracefalo, il volume racconta per temi l'evoluzione dell'horror, il passaggio generazionale che porta nel volgere di pochi anni a passare dai classici mostri Universal e Hammer, alla nuova squadra di mostri, i molto più biecamente e terribilmente umani Jason Voorhees, Michael Myers, Leatherface, Freddy Kruger e compagnia cantante.
I film citati sono una montagna, quelli che potevamo citare almeno altrettanti, ma lo spazio tiranno ci ha imposto delle scelte (sicuramente discutibili e che ci hanno fatto ripetere più volte situazioni da mexican standoff che sembravano tratte da Le Jene), che si spera saranno comunque apprezzate dai lettori.
Personalmente il libro mi piace moltissimo, pur essendo molto diverso da come lo avrei fatto se fossi stato da solo: quello che manca in unitarietà lo recupera ampiamente in fantasia, in pezzi rutilanti e visionari, che staccano da altri più classici, più essenziali, più consueti. E' la sintesi di diversi modi di vedere il cinema e la critica, sia per quanto riguarda il cinema dell'orrore che più in generale il cinema. E' quindi molto migliore di quanto avrei potuto immaginarlo se fossi stato da solo. E' come ascoltare i Queen (che guarda caso erano quattro): ci trovi March of the Black Queen e Nevermore, Fairy Feller Master Stroke e '39, Flash e Theo Thoriatte; ma ci trovi soprattutto Bohemian Rhapsody. Vi dovrebbe bastare.