sabato 9 novembre 2013

Un pulp al giorno: The Army without a Country

E dopo una lunga pausa - dovuta alla mancanza di nuovo materiale in proofreading - ecco tornare la nostra rubrica preferita, con un romanzo della serie Operator 5, già vista in passato su queste pagine. Si tratta del numero 35 del settembre-ottobre 1937, e si intitola The Army without a country. Facente parte del Purple Empire, è un romanzo breve che contiene in sé tutta l'essenza del pulp eroico di quegli anni, anticipatori di stilemi che al cinema - e non solo - resistono ancor oggi, pieno di tutti i pregi (pochi) e difetti (a ben guardare moltissimi) insiti in questo tipo di narrativa popolare.
La trama è data da un continuo affastellarsi di situazioni, improbabili ma coinvolgenti, che vedono il nostro eroe passare dalla padella in varie braci, prima di consumare la sua vendetta - almeno in parte - contro il malvagissimo imperatore Rudolph I, il sovrano euroasiatico che con le sue infinite schiere di "orchetti" di Moria (ci sono molte similitudini) ha conquistato e messo a ferro e fuoco gli Stati Uniti, la cui ultima speranza verge su di un massiccio contrattacco sul Continental Divide, ovvero le Montagne Rocciose, e sulla riconquista della città simbolo di questa estrema linea difensiva, Denver. A prezzi spaventosi in termine di vite umane, gli Americani riusciranno non solo a respingere gli assalitori, ma perfino a catturarne il sovrano (nell'episodio di cui avevamo parlato mesi fa, il sovrano era prigioniero di Operator 5, ma ciononostante i pericoli per i "buoni" erano tutt'altro che finiti).
Aldilà della trama - in confronto alla quale, Red Dawn di Milius è un capolavoro di realismo (e parlo di trama, non del film in sé, che possiede comunque i suoi pregi, vista la qualità del regista) - il romanzo è interessante sotto numerosi punti di vista: la perfidia del nemico raggiunge estremi disumani (come il crocifiggere tutti i primogeniti degli Americani rimasti nella città occupata di Denver, per impedire alle truppe americane di assalire la città, oppure utilizzare altri prigionieri in posizione siffatta - evidentemente Rudolph I doveva essere un estimatore di Roma antica - come bersaglio d'addestramento per le truppe purpuree), che saranno però grandemente superati dalla realtà nazista (nonostante sia evidentemente questo il modello di riferimento per Tepperman, l'autore di questo testo; se è vero infatti che non era ancora iniziato il secondo conflitto mondiale, già da mesi imperversava la guerra civile in Spagna, dove le truppe tedesche si erano già messe in luce). La cosa "bella" di questo tipo di narrativa popolare impregnata di eroismo patriota è anche la facilità con cui si eliminano i personaggi secondari, dando però loro occasione di andarsene in a "blaze of glory", più alla Gemmell che alla Martin, per citare due autori fantasy che molti dei lettori di queste pagine conoscono molto bene. In questo caso, la missione suicida di un aereo disarmato contro le truppe che sparano alla schiena degli uomini e delle donne crocifissi, vale da sola il "prezzo del biglietto".
Insomma, pur nella pochezza complessiva dell'opera in senso più alto, la saga di Operator 5 e specialmente questo ciclo interno dedicato alla guerra contro l'Impero Purpureo merita almeno un'occhiata scevra di pregiudizio.

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