giovedì 18 aprile 2013

Un pulp al giorno: Dead Hands seek my Bride!

Altro titolo meraviglioso per un'altra storia raccolta dal solito numero di gennaio/febbraio 1939 di Terror Tales, scritta da Dane Gregory (pseudonimo di Ormond Robbins, autore pulp abbastanza attivo per quasi un ventennio fra gli anni '30 e '50, con racconti di vario genere, dal giallo al western, con una predilezione per gli Shudder pulps, già incontrato nel nostro blog), che decisamente non regge alle premesse del titolo.
Si narra la vicenda di una giovane donna, che, scampata a uno stupro per opera dello scemo del villaggio (linciato dalla folla poco prima che potesse avere la meglio sulla ragazza), sogna ossessivamente la figura di Crazy Charlie, che secondo lei tornerà dalla tomba per completare lo scempio.
Portata dal marito, su consiglio medico, in una baita lontana nei boschi dello stato di Washington, viene effettivamente raggiunta dal folle tornato dalla tomba e salvata dal marito al termine di una lunga (troppo lunga, talmente lunga da diventare noiosa) sequenza di gioco gatto-topo nel buio della notte tempestosa del bosco e della baita montana. Il colpevole ovviamente è in carne e ossa (rarissamente le storie di Terror Tales ed epigoni sfociano realmente nel soprannaturale), il cugino del protagonista, artista spiantato che vuole vendicarsi dell'ingiustizia che lo ha visto privato di tutto da un padre spendaccione, mentre il cugino ha avuto ricchezza e una bellissima moglie.
Aldilà del fatto che la soluzione della vicenda arriva dentro il cervello del lettore non appena viene citato il suddetto cugino spiantato (ovvero dopo pochissime righe), il racconto è notevole come perfetto esempio di slasher ante litteram: sembra di muoversi in un film dei tardi anni Settanta, un precursore di Venerdì 13.
In questo il racconto, altrimenti dimenticabile, risulta molto interessante, segnalando ancora una volta la relativa modernità, anche per l'occhio odierno, di questi pulp da due soldi, che nascondono al loro interno della narrativa di genere ancora capace di suscitare quantomeno la curiosità antiquaria dei lettori di oggi, e meriterebbero di essere pubblicati anche in italiano (cosa che in qualche modo ci accingiamo a fare).

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