domenica 10 febbraio 2013

Un pulp al giorno: Picnic of the Damned

Altro giorno, altro racconto, tratto sempre dalla pagine di Dime Mystery Magazine, settembre 1935. Questa volta vi porta a un ben strano picnic nei boschi del New England, accompagnati da Arthur J.Burks (autore particolarmente prolifico in moltissimi generi, da noi conosciuto per qualche racconto apparso su Weird Tales). Benvenuti al Picnic of the Damned.
E' la storia di una combriccola di amici che si ferma in un boschetto circondato da alte mura per un picnic. Prima di cominciare, gli amici decidono di esplorare la zona in cerca del posto adatto al pranzo, e divisisi in coppie, iniziano l'esplorazione. La coppia dei protagonisti si trova improvvisamente da sola, incapace di trovare la strada per uscire da quello strano boschetto, con l'uomo - che si chiama Cain... nome appropriato, come vedremo - che si ferisce addirittura i palmi delle mani come con delle stimmate, perché le mura sono piene di vetri e cocci rotti per impedire a qualcuno di poterle scalare. Incapaci di trovare l'uscita e apparentemente di farsi sentire dagli amici nonostante le grida, i due si imbattono in uno strano "frate", mezzo sdentato e con una benda sopra un occhio, che li guida con una lanterna fino a un sentiero che dovrebbe portarli fuori dal labirinto in cui sono inavvertitamente entrati. Lasciata l'inquietante compagnia, i due futuri sposini (la ragazza, Claire, è una sorta di beghina, una Lucia Mondella del New England, tutta casa e chiesa) scoprono con orrore una visione mostruosa: uno dei loro amici è stato crocifisso nudo a un albero, ed è già morto, mentre ai suoi piedi, completamente nuda, giace Moira, la fidanzata, ridotta a relitto piangente, dopo aver subito un'indicibile violenza da parte di sconosciuti; per l'intera notte, lo strano trio procede nel buio, vessato dalle minacce di voci roche e inquietanti, immerso in un incubo senza fine, con la sola presenza delle stimmate a salvarli dalla sorte subita dalla coppia di amici (e presumibilmente da tutti gli altri). All'alba, però, il sole scaccia le ombre dei demoni notturni, e la coppia (Moira è andata dispersa durante l'interminabile calvario) ritrova l'uscita e la macchina. Proprio in quel mentre, vedono arrivare le tre macchine dei loro amici, compreso quelli che avevano visto morti e deliranti durante la notte, che gli spiegano di aver semplicemente giocato loro un brutto tiro, anche perché hanno scoperto da un agricoltore vicino, che il posto dove li avevano lasciati era una specie di cimitero per tutte le streghe bruciate vive a Salem e dintorni alla fine del Seicento. Cain non crede però di aver avuto soltanto allucinazioni e convince la polizia a passare al setaccio il posto: saranno scoperti il frate guercio e una combriccola di suoi accoliti, oltre ai corpi seviziati di numerose vittime delle loro violenze. Ringraziando la Provvidenza, il precedentemente ateo Renzo... ehm, Cain, potrà abbracciare la futura moglie, grazie alla cui preghiera avevano avuto salva la vita (povero te!).
L'insopportabile sottofondo manzoniano - con il tema della Provvidenza e della preghiera - rende scarsamente godibile un racconto che altrimenti avrebbe meritato plausi ben maggiori: Burks scrive abbastanza bene, la storia è sufficientemente truce e disperata da prendere il lettore per quasi due terzi, ma poi scade in un finale banale e poco plausibile, infestato dalla presenza del divino ad ogni costo. Si finisce per parteggiare per i poveri frati depravati, ma ovviamente il lieto fine è d'obbligo, anche in racconti così "spinti".
Avremo qualcosa di più godibile nel prossimo futuro.

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